venerdì 11 aprile 2008
Regione impiegato accusa Conte
Regione Campania - «Sì, è vero: ho scritto un contratto sotto dettatura». E a dettare, secondo gli inquirenti, erano Lucio Multari e Roberto Conte. Sui fitti d’oro alla Regione, c’è una conferma interna al Palazzo. È quella di un dipendente della Regione, la cui testimonianza viene inserita nell’atto conclusivo delle indagini firmato in questi giorni dalla Procura di Napoli. Il pm Filippo Beatrice si appresta infatti a chiedere il processo a carico del consigliere regionale Roberto Conte, dell’ex dirigente Lucio Multari, ma anche degli imprenditori Carmine e Antonio Buglione. Un’inchiesta integrata proprio dalla testiomonianza di un dipendente, che conferma di aver redatto un contratto - presumibilmente per favorire una ditta immobiliare - su input di Conte e Multari. L’inchiesta è quella dei cosiddetti fitti d’oro. O meglio: è quella della creazione ad hoc di un bisogno fittizio - ampliare i locali per le commissioni consiliari - e bandire una gara d’appalto pilotata. A uso e consumo di imprenditori in contatto con esponenti della macchina burocratica regionale. A rivelare questo retroscena è il dipendente Gerardo Bardi, (la cui posizione è estranea all’inchiesta), che è stato ascoltato in una fase successiva l’applicazione di misure cautelari ai domiciliari a carico dei principali indagati. Il suo nome e la sua testimonianza vengono comunque inseriti nell’avviso di conclusione delle indagini notificati ai singoli indagati. S’indaga per corruzione. Una vicenda tutta da chiarire, anche perché nel corso della versione offerta al pm, il testimone parla di un iter sostanzialmente corretto seguito da Multari (difeso dai penalisti Barbara Berardi e Domenico Ciruzzi). La storia scoperta dagli inquirenti napoletani riguarda l’affitto di due strutture che avrebbero dovuto ospitare i gruppi consiliari e le relative commissioni: due immobili - uno all’isola G5 del Centro direzionale, l’altro in via Santa Maria del Pianto - che dal 2005 costavano più di quattrocentomila euro l’anno solo di affitto. Immobili - scrive il gip Laviano nell’emettere le misure cautelari - «che procuravano sostanziosi vantaggi economici alle ditte che si occupavano della manutenzione, della pulizia e della security». Stando agli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza, il danno erariale arrecato alla Regione sarebbe di seicentomila euro l’anno. «Immobili per lungo tempo non utilizzati - si legge negli atti d’inchiesta - che garantivano incassi da capogiro alla Europa immobiliare, riconducibile ai fratelli Antonio e Carmine Buglione, anche grazie a una casalinga che svolgeva il ruolo di prestanome». Ed è anche la voce della casalinga ad entrare nell’avviso di conclusione d’indagine firmato dal pm Beatrice: la donna - una casalinga - figurava a capo di una società in grado di macinare contratti di svariate centinaia di migliaia di euro. (Leandro Del Gaudio il Mattino)
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