lunedì 20 giugno 2011

Un popolo di navigatori senza rete

Fonte: Derrick de Kerckhove e Annalisa Buffardi da il Mattino

L’Italia ama Facebook. Il popolare social network rappresenta il secondo sito più visitato, dopo Google, e raccoglie un’utenza di 20 milioni che in media trascorre sulle sue pagine 9 ore e mezzo giornaliere di connessione. Mentre negli Stati Uniti e in Canada si registra un calo di iscrizioni - 6 milioni in meno negli Stati Uniti nel mese di maggio - l’Italia, insieme al Brasile, rappresenta attualmente la prima nazione per penetrazione dei social media, con una percentuale che si assesta intorno all’86%, dato in forte crescita rispetto al 2009, quando gli utenti italiani di FB erano circa 11 milioni. La relazione annuale dell’Agcom, presentata in questi giorni, evidenzia la crescita di Internet come mezzo di informazione. I social network, insieme a portali generalisti e blog, rappresentano un’importante fonte di notizie, soprattutto per i giovani, ed un ambiente di comunicazione attraverso cui diffondere e raccogliere opinioni, commenti e notizie entro la propria rete sociale on line, il gruppo più o meno esteso di amici di cui si circonda ciascun utente. La centralità di Facebook è in linea con la generale crescita di Internet in Italia.


Sebbene inferiore rispetto agli altri Paesi, secondo i dati Audiweb, nel 2010, l’accesso ad Internet ha registrato un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente giungendo al 70%. Lo sviluppo digitale incontra però alcuni importanti freni. Il primo è la debolezza sul fronte della diffusione della banda larga, che in Italia connette meno del 50% delle abitazioni, contro l'oltre 60% della media europea. Il secondo, più generale, è la scarsa prontezza delle istituzioni e delle regolamentazioni pubbliche nel rispondere alle nuove esigenze della società in Rete. L’impatto della pirateria che caratterizza le nostre abitudini digitali è collegabile - come ha evidenziato il presidente dell’Agcom Corrado Calabrò nel presentare la relazione annuale - proprio alla scarsa diffusione della banda larga, che invece consente e incentiva i comportamenti legali, rendendoli più vantaggiosi in termini di tempo e di tariffe. Inoltre, mentre l’evoluzione del web mostra nuovi modelli di consumo basati sull’apertura e la condivisione, la legislazione sul copyright tarda a sposare i principi dell'economia di Rete. Il web appare ancora alla ricerca di una mediazione tra l’etica hacker e i principi regolativi, tra il libero scambio e il libero mercato. Così al digital divide, che continua a rappresentare una delle sfide con cui confrontarsi, non solo in Italia, si affianca il daily divide, il divario quotidiano che gli utenti diInternet sperimentano quotidianamente tra la propria esperienza in Rete, che si nutre di accelerazione, di condivisione e di scambi, e l’offerta, non sempre adeguata, di contenuti e servizi da parte delle istituzioni. Divari quotidiani, sociali e culturali che separano ancora, nonostante la grande diffusione della Rete, dagli obiettivi di una partecipazione allargata e di una cittadinanza digitale. In questo giugno elettorale, i social network, e Facebook in particolare, hanno accompagnato gli appuntamenti alle urne e alimentato il coinvolgimento e la partecipazione pubblica. Il potere della Rete del web rispecchia il più tradizionale potere delle reti di comunicazione e risiede nella possibilità di moltiplicazione dei contatti, nel passaparola, nella connessione tra le persone. Nel caso dei referendum, un’importante azione è stata, infatti, svolta da comunità e associazioni che hanno utilizzato le reti del web e dei social network per diffondere le ragioni del Si, raggiungendo rapidamente milioni di persone attraverso la rete Internet. I singoli utenti che hanno partecipato alla mobilitazione via Facebook hanno svolto il ruolo di coloro che la comunicazione di massa definisce «opinion leader». A rendere centrale un tema di dibattito nell’agenda dei cittadini è una minoranza, autorevole, degna di fiducia ed informata, che raggiunge quote di pubblico meno sensibili all’informazione di massa. Con i social network, ciascun utente diviene un potenziale opinion leader all’interno della propria rete. Dai ballottaggi elettorali delle grandi città alle consultazioni referendarie, i social network hanno promosso intenzioni di voto e motivazioni di consenso, desideri e speranze di rinnovamento. A Milano e a Napoli, i neo sindaci hanno colto le possibilità di partecipazione e di dibattito pre-elettorale on line. Nei loro programmi, lo sviluppo delle città passa anche per l’e-government e l’e-democracy, per la gestione elettronica dei documenti e degli atti, per l’incentivazione di strumenti di consultazione dei cittadini via internet, per il diritto al wi-fi, per il cablaggio, per l’eccellenza tecnologica. In un’era digitale caratterizzata ancora da forti divari, la speranza è che la cittadinanza digitale riparta proprio dalle città.

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