Intervista a Marco Follini PD di Barbara Romano da Libero
Senatore Marco Follini, con l`affaire Penati la superiorità morale della sinistra è andata a farsi friggere. «E' vent`anni che giriamo attorno a questo tema. Dobbiamo riconoscere tutti che da Tangentopoli a oggi il Paese, dal punto di vista dell`etica pubblica, ha fatto qualche passo indietro. È un andazzo che riguarda l`intera classe dirigente, sia di centrodestra che di centrosinistra, e sul quale quindi ognuno di noi deve interrogarsi». Lei non ha la falce e il martello, ma lo scudocrociato nel Dna. Crede nella superiorità morale della sinistra? «Non ho mai creduto che esistesse una parte d`Italia moralmente migliore dell`altra. Ho mille ragioni di contrasto con il governo, ma penso che questa disputa debba tenersi sul terreno politico piuttosto che strumentalizzare casi personali non troppo commendevoli per farne oggetto di controversia». Il Pd ha sospeso l`ex presidente della provincia di Milano, Filippo Penati, che si era già autosospeso dal partito, ma non l`ha espulso, sebbene tutti abbiano preso ufficialmente le distanze da lui. Non le sembra una soluzione un po` pilatesca? «Credo che in questi casi un partito debba aggrapparsi alle regole e la sospensione mi sembra una misura corretta. Non penso che assumere provvedimenti più draconiani sarebbe stato coerente con il nostro profilo garantista».
Le sembra giusto che il Pd abbia scaricato ogni responsabilità di questo sistema tangentizio su Penati? «Mi pare che sia stata una scelta congiunta quella di Penati e del Pd di mettere una reciproca distanza di sicurezza, non per fugare l`imbarazzo, ma per rispettare le regole che ci siamo dati». Secondo lei, Pier Luigi Bersani, di cui Penati era il braccio destro, poteva non sapere? «Ho visto Bersani all`opera, come ministro e come segretario di partito. Sulla sua limpidezza personale mi sento di mettere la mano sul fuoco». Condivide il timore di Fabio Mussi, ex esponente del Correntone ds approdato in Sel, che i soldi delle tangenti siano stati usati per condizionare l`esito del congresso del 2001 che portò Piero Fassino alla segreteria del partito? «Non emetto sentenze che semmai spetteranno ai magistrati». Dica la verità, avete fatto tutto questo casino sul caso Tarantini bis per distogliere l`attenzione da Penati. «Ci affacciamo su un Paese che è molto di malumore verso tutti noi, quindi capisco la tentazione diffusa di mettersi a cavallo degli scandali per trame un vantaggio politico. Ma io sono tra chi sostiene che questo gioco debba finire. Separiamo la disputa pubblica dai processi». Non crede sia ora di fare autocritica nel centrosinistra sul sistema di potere che finanzia la politica? «È un problema di regole, non di costumi. Per me è buona regola separare politica e gestione, ed evitare ogni conflitto d`interessi, dal più grande ai più piccoli. Detto questo, ripeto: il centrosinistra non si può cullare nell`idea di essere moralmente al di sopra e il centrodestra a sua volta non può coltivare l`illusione che siamo tutti uguali e dunque tutto è lecito». Lei uscì dal secondo governo Berlusconi nel 2005 per ritrovarsi in uno schieramento che, in quanto a corruzione, non è messo molto meglio. Pentito? «Io non me ne andai per una questione morale, ma per scelte politiche che non condividevo. Il punto di rottura tra me il centrodestra fu la legge elettorale e oggi noto con piacere di essere in buona compagnia di molti». Sincero, si sente a suo agio nel Pd? «Nessuno può sentirsi perfettamente a proprio agio in una stagione politica così poco felice. Credo che il riformismo abbia molto da dare al Paese, a condizione di tenersi a distanza di sicurezza dalle sirene che cantano alla nostra sinistra». Non le viene mai la tentazione di tornare all`ovile emigrando nel terzo polo? «Io lavoro perché l`evoluzione naturale del terzo polo e del Pd porti a un punto d`incontro». Lei lo concederebbe un salvacondotto a Berlusconi? «Non mi convince l`idea di utilizzare la politica per i propri processi, né quella di indurre l`avversario alla resa con l`offerta di una via d`uscita dalla strettoia giudiziaria. Se la regola è che non ci sia un uso politico della giustizia, mettiamo al bando sia la persecuzione che il salvacondotto. Esiste lo Stato di diritto, e non andrebbe strapazzato troppo».
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