lunedì 26 ottobre 2015

La chiesa della SS. Annunziata di Vico Equense

di Filomena Baratto

Vico Equense - La bufera abbattutasi sulla chiesa della Santissima Annunziata è per il suo colore: non se ne accetta un altro diverso da quello che conosciamo da sempre. La chiesa di Vico è uno dei pochi esempi di architettura gotica campana. Al primo posto nella classifica tra le chiese più belle della regione e tra le dieci chiese d’ Italia. Chi volesse dare un logo diverso alla città, non ci riuscirebbe. Sarà la sua posizione a picco sul mare e quasi innestata sulla roccia, sarà quel tocco di colore pastello che addolcisce lo sguardo di chi ammira la costa dal mare, per le mille riproduzioni, opere di tanti pittori che non sanno resistere a immortalarla sulla tela o di tanti fotografi che non riescono a trovare uno sfondo così spettacolare, che è diventata un simbolo non solo della città ma di tutta l’Italia, così come vogliono all’estero. I pittori, più di altri, l’hanno ripresa da ogni angolazione e l’hanno fatta conoscere al mondo. Oggi è una chiesa e non più cattedrale. Per Cattedrale si intende la Chiesa madre di una Diocesi, in quanto racchiude la Cathedra del vescovo. Una volta la cattedrale era detta anche Ecclesia maior, così come Domus Dei da cui la parola Duomo. Il Duomo è la chiesa più importante della città e di solito di stile gotico, da non confondersi con la Basilica da Basileus che significa re, quindi Casa del Signore. La Basilica ha la duplice accezione di: edificio di diverse caratteristiche in base alle varie epoche e chiesa principale di una città. Nel nostro caso è una chiesa ex cattedrale che riveste un’importanza storica e culturale oltre che artistica. La chiesa della SS. Annunziata fu sede vescovile fino alla morte del vescovo Michele Natale, deceduto nel 1799, mentre fu cattedrale della diocesi fino al 1818 quando fu soppressa e inglobata in quella di Sorrento.
 
E’ il luogo dove si trova l’urna funeraria del giurista e filosofo del 700, Gaetano Filangieri, morto a Vico Equense nel 1788. Si era recato a Vico per trovare ristoro e sollievo alla tisi che lo aveva colpito, trasferendosi a casa della sorella Teresa. Ma qui morì all’età d 36 anni. All’interno si trovano anche tele del pittore Giuseppe Bonito e Francesco Palumbo. La facciata della chiesa è in stile barocco rifatta nel 700, mentre il campanile, a base quadrata, risale al XVI secolo. Esso poggia direttamente sulla strada con un arco che la sovrasta. L’interno della Chiesa invece è di stile gotico, uno stile che nasce in Francia poco prima della metà del XII secolo, nel coro dell’Abbazia di Saint Denis. L’arte gotica è pervasa da una fortissima religiosità che si avventura nei complessi tentativi di interpretazione dell’universo. Uno stile caratterizzato da archi a tutto sesto acuto, volte ogivali, maggiore verticalità e perdita delle spesse mura dello stile romanico, con la nuova distribuzione dei pesi su pilastri e con vetrate simbolo di luce e di ascendenza a Dio. La chiesa si presenta in tutta la sua altezza e luminosità. San Tommaso D’Aquino parla della teoria della luce nel suo Summa Theologiae, dove identifica la bellezza con l’armonia delle proporzioni ma anche con la luminosità. “Cosa vi è di più bello della luce, come afferma Ugo da san Vittore, essa che, pur priva di colore, illuminando, rivela il colore delle cose?” Dio è luce e la creazione fu un atto di illuminazione. L’Universo è concepito come un insieme di luci che, per analogia, rimandano alla fonte del tutto, il chiarore divino. E legato al concetto di luce c’è anche quello del colore. Possiamo prendere in considerazione la teoria dei colori messa a punto, con un saggio, da Goethe. Lo spunto gli fu dato dal suo viaggio in Italia, che fece tra il 1791 e 1792, quando, immerso nei colori della natura e paesaggi italiani, fu ispirato a trovarne le armonie e i contrasti dagli stessi, il tutto su base filosofica. Già Newton aveva dato conoscenza dei colori in una veste più prettamente meccanicista. Goethe esaminò i colori nella loro combinazione e per quello che rendono all’occhio o per meglio dire come la natura circostante è captata dai nostri occhi. “Ogni singolo colore stimola nell'occhio, mediante una sensazione specifica, l'aspirazione alla totalità. Per conseguire questa totalità, per appagarsi, l'occhio cerca accanto a ogni zona di colore una zona incolore, sulla quale produrre il colore richiamato dalla prima. Questa è la legge fondamentale di ogni armonia cromatica.» Il colore è, come tale, un valore d'ombra. In questo senso Kircher ha pienamente ragione a chiamarlo lumen opacum, e come esso è affine all'ombra, così ad essa si unisce per propria propensione, manifestandosi spontaneamente in essa e mediante essa non appena ve ne sia occasione. Nel contesto paesaggistico in cui è posta la chiesa, non si può non tener conto dei colori dello scenario intorno, dove la sequenza degli stessi si sposta dall’ocra e terra di Siena della costa rocciosa, al blu del mare, dal violetto del Vesuvio, al verde della vegetazione e di seguito una stessa tonalità anche per gli elementi antropici, per seguire quella linea di continuità che non sconvolge l’armonia dei colori. E’ pur vero che, talvolta, i colori diventano altro, sia per l’azione degli agenti atmosferici che per la difficoltà di assorbimento dei muri. Pertanto non si può sperare che il colore cambi con il passare del tempo, sbiadirà solo di qualche tono e si renderà più leggero. Come fare a non pensare al rosa tenue che nel tempo ha accompagnato la famosa chiesa sia nelle foto che nei dipinti? Se la chiesa potesse parlare non si riconoscerebbe così come noi non la riconosciamo in quel giallo intenso e rosso pompeiano, uno schiaffo sulla tela e ai nostri occhi. Se Newton potesse vedere e Goethe sapere, sarebbero capaci di trovare altri metodi per rendere la chiesa eternamente di quel colore. Un colore pastello, leggero, come un acquerello, come una sbiadita pennellata che scivola subito alla destra del Vesuvio, quasi a non volersi mostrare. A volte sono le cose più semplici a pesare all’occhio quando questo si allontana dal soggetto. Le cose belle non vanno sottolineate, brillano da sole e un colore più intenso ne deturpa l’aspetto oltre ad appesantirla. La luminosità per una chiesa è fondamentale, non solo internamente, come vuole lo stile gotico, ma anche esternamente. Lo stesso San Tommaso afferma che le chiese luminose, immagine terrena dell’abbagliamento celeste, suscitano ammirazione. E poi la bellezza della chiesa resta quella di essere tutt’uno con la costa, quasi appoggiata e se si deve mantenere su quel picco di roccia così a strapiombo che la regge da secoli, non può sopportare l’altro peso di colore troppo acceso, sarebbe come farla sprofondare da quel punto e abbassarla rispetto alla sua attuale posizione, appesantendo di gran lunga tutta lo scenario.

Articolo pubblicato su Vico Equense On Line il 25 luglio 2015 

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