sabato 8 luglio 2017

Relazione del 7 luglio su Antonio Asturi (1904 - 1986)

Lucia Vanacore, Alberta Maresca e Filomena Baratto 
di Filomena Baratto

Vico Equense - Le opere di Asturi attraggono, captano l’attenzione come se avessero quel “quid” di cui egli stesso parlò quando voleva trovare un punto chiave sul viso di Benedetto Croce che glielo facesse dipingere come meritava. La pensosità del filosofo doveva emergere in tutta la sua imponenza e finalmente quella vena rigonfia sulla tempia gli diede il pretesto. Le tele parlano attraverso le linee e i colori, la masse e le forme. Bastano piccoli tratti, segni, pennellate anche rapide per definire. Molti hanno visto in questa tecnica una qualità scadente della sua pittura, contro una quantità eccessiva di opere prodotte. Chi si sofferma sulla pittura di Asturi e ne studia, oltre il tempo e le correnti possibili cui collocarlo, le linee e quei segni, quella luce e quei toni scelti accuratamente, capirà un aspetto fondamentale: la sua pittura è poesia. Tratti che emergono da una conoscenza approfondita e dalla bellezza del suo territorio, dall’amore filiale verso sua madre che tante volte riporta sulla tela. La scioltezza e lo scatto del pennello di Asturi nasce dal vivere quelle scene, conoscerle profondamente e che traccia con tale sicurezza da diventare veloce, dove la velocità è proporzionale all’amore che egli stesso investe in quella realtà. Per qualche detrattore quella continuità di paesaggi e luoghi, che ostinatamente continua a dipingere, rappresenta un aspetto poco poetico. Per costoro il pittore dovrebbe variare per risultare più attendibile e creativo. Ma Asturi dà il meglio di sé nei suoi luoghi, nella sua terra.
 
Non solo i personaggi e i volti esprimono la sua profonda conoscenza di quello che va dipingendo, ma gli scorci, le chiese, le strade, le spiagge, i paesaggi interi si personalizzano assumendo caratteristiche di soggetti parlanti. Rapidità come sinonimo di conoscenza e sicurezza, per dare loro l’eternità del loro movimento, o del loro sentimento, o trasmettere espressioni affettuose o deludenti, malinconiche, taciturne. La gioia è nella luce, nei colori, nell’aprirsi agli altri. Le figure sono sempre espressive, compatte, unite, in blocco, chiuse, o in movimento per lottare, per agire, ma molto più spesso sono pensose, riflessive, cariche di lavoro interiore, sono tristi. Sono scatti di pose per rubare il momento. Egli stesso afferma:” Cerco di mettere nelle mie cose, non il tempo e né il fine, né oggi, né ieri, né domani, ma solo il sempre!” Ma lontano dalla sua terra deve seguire una scia, un confronto, un modello, un incantesimo che gli conceda la spinta necessaria come se fosse nella sua Vico. Altrove i tratti del pennello diventano più precisi, più nitidi, quasi a compensare, con la definizione dei contorni, ambienti e persone che non conosce. Nella sua terra è proprio la luce che illumina la sua pittura, quella stessa dei pomeriggi assolati, del mare verde smeraldo, del cielo sempre chiaro, sgombro da nuvole imbronciate, e del sole che mette in corpo una tale frenesia da tradursi in creatività. Quasi avesse l’urgenza di trasferire quel mondo sulla tela, così come si presenta al suo spirito per poi ridargli lustro col colore. Veloce per fotografare l’ispirazione nel suo attimo nascente. La pittura di Asturi è contagiosa per la luce e passionale per i colori, è poesia per ciò che esprime. Altrove offre una pittura camaleontica: si adatta ora al futurismo, ora a dipingere luoghi sconosciuti, ora a provare soggetti a lui poco congeniali. Il Maestro è vivo solo qui, anche l’ Accademia fu per lui la mortificazione della creatività. Asturi e Vico sono in un binomio indiscindibile. L’uno senza l’altra sono discorsi incompleti. Il luogo ha temprato la sua tela, ha impresso il suo territorio, ha suggerito i suoi personaggi, tradizioni, abitudini. E se Asturi non avesse ripreso questa città nei suoi mille volti, con i suoi vicoli, i porticati, il mare, le spiagge, le carrozzelle, le madri, la sua gente, Vico avrebbe molto meno di quello che oggi ha grazie a lui. Un artista che dipinge con tanto amore la sua terra con continui spunti che mai si esauriscono, lo fa per restare nel suo abbraccio così come la sua terra aveva trovato in lui il suo cantore, l’aedo, il suo tramite, il suo sensibile e fine conoscitore. Il vento, il mare, gli alberi, le case, le piazze, acquistano vigore sotto i suoi pennelli. E se la luce dona alle tele una sorprendente felicità, un benessere psichico, d’altra parte la stessa felicità sottende a una malinconia che sempre da qualche parte della tela emerge a contrastare la luce. La poesia è qui! L’allegria dei colori e della bellezza, del fine disegno si oppongono spesso al significato stesso del soggetto ritratto. E’ inutile e oltretutto pericoloso voler cercare a tutti i costi in Asturi contaminazioni ora della scuola napoletana, ora del futurismo e poi Mancini, qualcuno azzarda il Goja o Picasso, e poi Rembrant o Rubens… Sono tutte egoistiche posizioni per volerlo accomunare a un tipo di pittura già vista e conosciuta. Ma Asturi è un grande pittore per non essersi lasciato sedurre né contaminare. La sua è una pittura originale, personale, espressiva, fatta di linee e di tratti rapidi. Il pennello dà forma a quello che lo spirito gli suggerisce, consapevole che dopo sarà già un’altra cosa, un altro suo resoconto. Rapidità per tracciare un tempo che soffoca? Per definire le ansie dell’anima? Per contrastare le malinconie della vita? Molto probabilmente Asturi se fosse stato un uomo colto, non avrebbe dato alla pittura il meglio di sé, in quanto si sarebbe espresso con altri linguaggi, magari alternandoli o servendosene di tutti in egual modo. Il fatto di non aver potuto frequentare scuole gli ha dato quell’estro maggiormente affinato esprimendosi attraverso un solo canale. E la sua pittura parla, afferma, conferma il suo pensiero. Se potesse essere tradotta in prosa, sarebbe quella di Tacito (58-117 d.C.), lo storico romano che con frasi brevi e spezzate, asimmetriche, periodi rapidi, con mancanza di soggetti, con verbi all’infinito, scriveva i suoi annali. Tacito è un artista oltre ad essere uno storico, o meglio uno storico artista. Come la prosa tacitiana ci lascia immaginare perfettamente i fatti storici nella loro essenzialità ma anche nella loro ricca umanità, così la pittura del Nostro riporta sulle tele il vero della vita e i sentimenti degli esseri viventi tutti. L’originalità di Asturi è quella di assomigliare sempre a se stesso pur nei cambiamenti di vita. Riportò l’eruzione del Vesuvio del ’44 su di una tela, mentre assisteva in diretta all’esplosione del vulcano, ricordando quanto accadde a Plinio il Vecchio nel 79 d.C. sotto l’imperatore Tito, quando dalla spiaggia di Stabia trovò la sua fine mentre assisteva all’eruzione, non sopportando i gas e il caldo sprigionati. Il suo periodo migliore fu negli anni 50/60 in una Vico che vive la ricostruzione post bellica, in preda a continui mutamenti sociali ed economici. L’Italia nel 1957 contava 47 milioni di abitanti. Il censimento dà un paese giovane per il 26%, mentre i vecchi oltre i 65 anni sono l’8%. La durata della vita è in media di 65 anni, ci sono in media 2 figli per coppia. E’ il periodo delle emigrazioni sia interne che all’estero. In Italia il settentrione rappresenta un grosso bacino di raccolta mentre all’estero, tra le mete ambite, c’è l’America, seguita dalla Francia, Belgio, Svizzera, Germania. L’Italia è un paese prettamente agricolo che inizia una lenta trasformazione a cominciare da un’ espansione edilizia con grande impulso alle attività collaterali. Nel 1953 è l’anno in cui si costituisce l’ENI, l’Ente Nazionale Idrocarburi sotto l’egida di Enrico Mattei. Nasce nel 1955 la nuova utilitaria, la 600 che, con la 500, si attesterà a pieno titolo l’ingresso nel mercato dei consumi. Il 56 è invece l’anno della costruzione dell’autostrada del Sole che metterà in comunicazione il Nord e il Sud da Napoli a Milano. Nello stesso anno abbiamo un programma televisivo che ha fatto epoca: Lascia o raddoppia? di Mike Bongiorno, seguito nei bar, luogo di aggregazione e gli unici ad avere il televisore. Sono gli anni dei primi elettrodomestici, della donna che acquista una nuova consapevolezza, partita dal suo ingresso in politica votando per la prima volta nel ’46. Per il sud comincia un periodo di interventi straordinari. Nel 1960 la lira è moneta dell’anno. Asturi fu pittore inesauribile anche nei suoi soggetti ricorrenti come le amate maternità, tutte fisse nella loro serenità, simbiosi perfetta in natura tra madre e figlio. La tranquillità materna segno di amore ma che cela la preoccupazione del futuro, ben sapendo che un figlio arreca affanni e, pur nella consapevolezza, lei si mostra felice. Altro soggetto caro al maestro sono le amate carrozzelle che molti credono siano un soggetto solo commerciabile. La carrozzella mezzo di trasporto formato da calesse e cavallo nonché il nocchiero alla sua guida, dà adito a molte interpretazioni tra cui la metafora della vita. Se mettessimo in sequenza tutte le carrozzelle, come fotogrammi di un film, otterremmo il tempo della vita e i suoi travagli. Sono spaccati ricchi di malinconie, attese, affanni, corse, stasi, proprio come la vita impone all’uomo. La carrozzella come rappresentazione di un mondo, un viaggio all’interno dell’uomo che corre e si affanna e mai giunge a destinazione. Un po’ come le esigenze del pittore che si prefigge di rappresentare la bellezza della vita ma continuamente gli sfugge di mano, che un momento prima aveva e ora è già mutata. Nella corsa a trattenere il tutto senza mutamento si innesta l’irrequietezza del pittore desideroso del vero e del reale che in lui assurge a sintesi artistica. I ritratti di Asturi sono invece ricchi di un disegno ben fatto nei contorni e nelle forme, da cui emerge l’esistenzialismo dei personaggi. Nessun volto è mai sorridente anche se pieno di luce. La malinconia si nasconde come ombra in ciascuno. L’ombra come elemento contrapposto alla gioia che per sorreggersi ha bisogno del buio, una sorta di piacere e dolore della stessa moneta che è la vita. Asturi dà il meglio di sé nel realismo dei protagonisti che ritrae in spaccati di vita, in momenti insoliti, con rappresentazioni nuove, estemporanee, mai descritte prima. Come la vecchia che legge il giornale, la donna in preghiera, l’asino con la soma, i fratelli, il pescatore. Momenti di vita quotidiana ripresi con cura e chiarezza. Asturi vive per la sua arte e la sua terra diventa lo strumento indispensabile per la sua pittura.

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