martedì 25 luglio 2017

Faito, la montagna alla deriva così la risorsa diventa minaccia

Castellammare di Stabia
Spettro frane fra dissesto, rifiuti e pendici corrose dall'acqua 

Fonte: Maria Elefante da Il Mattino 

Castellammare di Stabia - Rifiuti, massi pericolanti, buche simili a vere e proprie voragini, un degrado inaccettabile. Castellammare sta perdendo il Monte Faito. Con la funivia ancora ferma e con la strada chiusa da un divieto che nessuno rispetta e ridotta ad un percorso di guerra, la montagna si è allontanata in maniera incredibile dalla cittadelle acque. Per salire sul Faito da Castellammare bisogna arrivare a Vico Equense e percorrere tutta la strada provinciale Raffaele Bosco che è invece oggetto di lavori stradali per il rifacimento del manto. E non è solo la città a perdere la sua risorsa, il suo polmone, il suo custode ambientale: in questa folle stagione di incendi, alla quale seguirà l'autunno delle frane in un territorio fragile, è tutta la regione che rischia di dover aggiungere il Faito alle crisi esplose per mancanza di cura. E pensare che fino agli anni'90, quando la strada che saliva dai boschi di Quisisana era sotto la tutela dei privati, la scalata della montagna era addirittura una valida alternativa alle interruzioni della statale Sorrentina. Un by-pass che per decine di volte ha consentito di limitare i disagi in occasione delle chiusure della statale 145. Ma a guardarla ora, la strada che sale fin sulla vetta del Monte Faito, mette i brividi. Ormai riescono a passare solo auto piccole munite di trazione integrale. Oltrepassato il viale degli ippocastani - ultimo tratto dei boschi di Quisisana - e superato il divieto che ordina di non avventurarsi per la via del Monte Faito, ciottoli, zolle di terreno e voragini si susseguono per tutti e dodici i chilometri della strada provata dalla frana del 2007.
 
Le pietre vive fanno bella mostra sul ciglio della strada, delimitavano le corsie stradali e invece adesso sono ammassate una sull'altra. Sembrano crollate a causa di un debole colpo, invece è colpa dell'ennesima frana che contribuisce ad assottigliare la strada e a creare voragini. Le radici degli alberi sono ormai esumate dal terreno, i castagni ed i faggi sono troppo deboli per rimanere ancorati al terreno. Sul bordo esterno poi sono stati depositati rifiuti di ogni genere, anche amianto e sacchi contenenti materiali speciali. I cumuli di rifiuti e detriti ostruiscono le quattro vasche di tiraggio sistemate in fondo alla strada. Pozzetti e scivoli dovrebbero accogliere l'acqua piovana per incanalarla nelle vasche. Il sistema - un'importante opera di ingegneria di montagna - fu creato proprio per scongiurare il rischio idrogeologico: oggi l'acqua scorrendo liberamente erode il terreno e - la storia insegna - si staccano dal monte frane che possono investire il centro antico abitato alle pendici del Faito. Ciò che resta dei muretti della via è in bilico. Curva dopo curva giunti a metà strada è quasi impossibile andare avanti, l'auto dovrebbe oltrepassare delle voragini importanti. Ma perché tutto questo abbandono? Perché tutto questo degrado? Il Faito, e tutta la parte terminale della catena dei Lattari, è da sempre considerata il polmone verde di Castellammare e della penisola sorrentina. Una montagna pura da dove sgorgano le fonti che fanno di Castellammare la città delle acque con il più ricco patrimonio idrotermale italiano. La situazione è diventata allarmante, l'abbandono dura da troppi anni. E sono evidenti i segni di collasso della montagna. Il rischio è quello di una nuova Sarno. «L'area attraversata dalla via Quisisana evidenzia caratteri che indicano un'alta pericolosità geomorfologica da correlare a processi alluvionali e a fenomeni franosi» spiega Micla Pennetta professoressa di geologia ambientale e rischi naturali della Federico II e coordinatore regionale dell'associazione italiana di geomorfologia (aigeo). «Ma - aggiunge - può essere mitigata e controllata con opportuni interventi mirati di sistemazione, come il ripristino e la riconfigurazione del sistema di drenaggio naturale in prossimità di via Quisisana. L'intervento dovrebbe mitigare gli effetti di interferenza della stessa strada sulle acque che scorrono liberamente lungo il versante. Inoltre, l'intero versante andrebbe sottoposto a un sistema integrato di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico sia estensivi come piantumazioni boschive progettate in modo da essere meno vulnerabili agli incendi, che intensivi ovvero pulizia costante delle vasche di raccolta dei sedimenti, opere di ingegneria naturalistica e controllo delle attività antropiche sul territorio. Anche l'autorità di bacino regionale ha classificato l'area a rischio molto elevato ed elevato: m sintesi, rischio per la vita umana e per la incolumità stessa delle perso ne che risiedono in zona, nelle aree a valle o che utilizzano le infrastrutture locali, compresa la stessa via Quisisana». E non bisogna dimenticare che l'ultimo lembo boschivo del monte è attraversato dal binario della Circumvesuviana. Ci sono responsabilità evidenti in questo abbandono: il Paito non può essere la montagna di nessuno. In passato sono stati anche stanziati dei fondi una decina di milioni di euro puntualmente non spesi per i primi interventi urgenti. Ora la cifra necessaria è certamente molto superiore solo per eliminare i pericoli più evidenti.

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