Con il Contratto istituzionale di sviluppo "Vesuvio-Pompei-Napoli" - al quale la ministra per il Sud e la Coesione territoriale ha dato avvio il 15 dicembre scorso - e con l'applicazione delle norme di accelerazione e semplificazione previste dal Pnrr, ancora una volta in Campania si decide di affrontare l'urbanistica, la valorizzazione e la trasformazione dei nostri fragilissimi territori, in particolare quelli vesuviani, non attraverso l'attività istituzionale e la regia dei diversi enti pubblici di governo locale, non attraverso le normali leggi, procedure e regole e, soprattutto, non attraverso la pianificazione ordinaria ai diversi livelli, ma attraverso enti, soggetti, risorse, tempi, azioni, accordi e progetti "speciali". E questo come se le nostre amministrazioni locali non fossero capaci ordinariamente di gestire in modo responsabile e costante il governo del territorio tutelando l'interesse pubblico e preferissero cogliere le occasioni che si presentano di volta in volta, con il rischio possibile di cedere a interessi diversi e invisibili che certo non rappresentano i bisogni dei cittadini. E dunque in barba all'urbanistica, agli interessi collettivi, ai cittadini ignari, ai piani di area vasta e ai piani urbanistici comunali - questi ultimi prudentemente mai adottati o approvati negli ultimi anni nella maggior parte dei comuni del Cis dell'Area Vesuvio-Pompei che dunque hanno piani regolatori vigenti vecchi di quarant'anni - entro il 15 gennaio si dovranno inviare al ministero perii Sud "i progetti"
Progetti che, come ha scritto la ministra Carfagna, consentiranno la riqualificazione urbana del territorio e faciliteranno il suo sviluppo come polo produttivo e logistico, riattivando un percorso atteso da almeno otto anni, cioè dall'istituzione del Progetto grande Pompei. Progetti che - come ha scritto l'associazione NaplEes et Pompei che li promuove con l'altisonante titolo di Progetto Green - Great Resilience Enviromental East Naples insieme a Fondazione Mezzogiorno, Svimez, Unione Industriali Napoli, Fondazione Nitti e Campania Dih - punteranno a riqualificare e rigenerare le periferie urbane, i centri storici, le zone rurali, contrastare il degrado economico e sociale, agevolare gli investimenti privati e l'insediamento di nuove imprese, favorire la digitalizzazione dei sistemi di produzione e degli enti pubblici, realizzare nuovi insediamenti di ricerca e aiutare la nascita e lo sviluppo di start up innovative, realizzare un nuovo ecosistema dell'innovazione nel campo dell’agrifood dell'economia circolare, realizzare un hub di ricerca nelle scienze della vita, valorizzare le risorse culturali, riqualificarle e utilizzarle come fulcro di uno sviluppo economico neo-terziario. Progetti che interessano un territorio immenso, complicato, rischioso, con grandi aree dismesse e dunque molto appetibili, esteso dalla periferia est di Napoli ai comuni vesuviani interni e costieri fino a Pompei, Scafati, Vico Equense e Gragnano. Progetti senza piano, trasformazioni puntuali, incrementali, circoscritte, che potrebbero determinare cambiamenti profondi degli spazi e degli usi urbani, comportando gravi ricadute urbanistiche, sociali e ambientali. Progetti che, ancora una volta, sostituiranno, come da tradizione in Campania, la pianificazione che dovrebbe occuparsi proprio di contrastare gli interessi speculativi particolari, di sostenere i diritti collettivi, di attivare la valorizzazione sociale dei beni comuni, del paesaggio, dell'ambiente, dei beni culturali, di definire in modo democraticamente condiviso gli equilibri, le strategie complessive di sviluppo sostenibile e di riduzione del consumo di suolo, di promuovere l'uso razionale del territorio, la salvaguardia dai rischi, la tutela dell'identità territoriale e il controllo delle trasformazioni misurando e valutando le ricadute ambientali e sociali complessive anche attraverso l'attivazione di strumenti integrati e fondamentali come la Valutazione ambientale strategica. Progetti che da decenni fingiamo di non comprendere perché le amministrazioni non li rendano ammissibili solo all'interno della pianificazione ordinaria, delle procedure di legge, dei piani strutturali, delle strategie territoriali complessive, dei quadri di coerenza, delle valutazioni ambientali e degli incontri di partecipazione, discussione e condivisione pubblica. Qualcuno dovrebbe poi spiegare quale maggiore vantaggio, quale garanzia sociale, quale fondamentale interesse pubblico può mai esprimere il Contratto istituzionale di sviluppo "Vesuvio-Pompei-Napoli" - promosso da una cordata di imprenditori - rispetto a quello espresso per ruolo, competenza, responsabilità, garanzia dalla pianificazione ordinaria, pubblica e democraticamente condivisa. Qualcuno dovrebbe poi spiegare come mai alcune amministrazioni sono così efficienti e pronte a condividere e progettare interventi da consegnare al ministero entro un mese e tanto incapaci e lente da non riuscire ad elaborare e ad approvare un piano urbanistico in quaranta anni.
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