mercoledì 30 marzo 2022

La polemica. L'inefficienza della Città metropolitana

Giuseppe Guida
di Giuseppe Guida da la Repubblica Napoli

Spiace parlare male della Città metropolitana di Napoli, proprio ora che il sindaco Manfredi emesso a capo dell'ente da una legge forse un po' frettolosa, e proprio ora che il nuovo Consiglio metropolitano è stato rieletto, anche se, anche qui, con un discutibile metodo di selezione dei membri. In effetti, per dare la misura dell'inefficienza e della condizione di quest'ente, non c'è bisogno di parlarne male, ma basta descrivere rapidamente lo stato delle cose, che in più punti rasenta il grottesco e che purtroppo incide negativamente sull'intera governance dell'area metropolitana più densa e complessa d'Italia. Innanzitutto, le diverse riforme degli enti locali che si sono susseguite in questi decenni, hanno lasciato nel raggio d'azione della Città metropolitana, poche funzioni così sintetizzabili: l'edilizia scolastica, la viabilità, fantomatiche funzioni di polizia provinciale, pianificazione urbanistica di livello metropolitano, oppure qualche soggetto a capitale pubblico, tipo la Ctp. Si tratta di livelli di azione amministrativa, che marcano, ad occhi anche poco analitici, ritardi ed inefficienze, pur avendo l'ente una buona dotazione di personale, spesso di ottimo livello ma non messo in condizioni di produrre risultati adeguati.


 

La condizione gestionale, di efficienza e di programmazione dell'edilizia scolastica, ad esempio, in quella che è l'ex Provincia è notoriamente al di sotto del livello medio nazionale e certamente lontana dai livelli richiesti da un caposaldo territoriale dell'intero Meridione e che contiene l'enorme centralità della città di Napoli e un territorio con tre milioni di individui. Per quanto riguarda la gestione e la programmazione viabilistica, forse le cose vanno meglio. Dal punto di vista della circolazione su gomma, la dotazione viaria dell'intera area metropolitana non è sottodimensionata rispetto alla media italiana, ma, forse anche per questa dimensione monstre, appare carente in termini di manutenzione ed adeguamento funzionale. In questi mesi, tra l'altro, è in corso la redazione del Pums, il Piano urbano della mobilità sostenibile, con il quale l'ente metropolitano si propone di orientare le politiche e la programmazione della mobilità urbana nel breve, medio e lungo termine. Pur mettendo al centro, dichiaratamente, un approccio partecipativo, perora appare uno strumento settoriale dove la partecipazione e il coinvolgimento sono solo enunciati nei documenti in un anfratto nel sito web istituzionale. Dove pero la Città metropolitana mostra tutta la propria insipienza ed inefficacia è nella pianificazione territoriale di tipo urbanistico e, più in generale, di tipo strategico. Proprio il Piano strategico, previsto dallo Statuto come quello strumento che dovrebbe garantire e promuovere "attraverso l'individuazione e la messa a sistema delle grandi opzioni di sviluppo, la salvaguardia del patrimonio naturalistico, paesaggistico e artistico, il risanamento dell'ambiente e del tessuto urbano, la valorizzazione delle eccellenze territoriali, l'ottimizzazione delle reti di comunicazione e dell'offerta dei servizi pubblici", nelle mani della Città metropolitana si è trasformato in passato in un banale elenco di progetti da finanziare, uno per ogni Comune, privo di coordinamento e, appunto, di strategia. Un capitombolo amministrativo, fatto senza che qualcuno gridasse all'illegittimità o, quantomeno, alla comica manomissione di dettati normativi. E, soprattutto, lontano anni luce dalle sfide di oggi, che sono legate alla transizione verso una vera dimensione ecologica, senza consumo di suolo, marginalizzando i modelli non circolari ed estrattivi. Eppure su questi temi la Città metropolitana pare vivere in una bolla. Così come, sospesa nel vuoto, è la questione del Piano territoriale metropolitano, il piano urbanistico di area vasta già approvato da tutte le province campane e che solo la Città metropolitana, continua a redigere, a procrastinare, a fare e rifare gare, mentre il territorio, privo di un piano di coordinamento, è nel disordine grave, e sempre più insolubile, che tutti vedono. Eppure in Italia non è così e non è sempre così. Seppur esito di una riforma monca e di una legge incerta, gran parte delle Città Metropolitane d'Italia sono riuscite a trovare una loro dimensione e una loro progettualità garantendo il necessario coordinamento tra le decisioni delle decine di realtà comunali da cui sono composte, fornendo servizi e strategie, come quella di Bologna, Torino, la solita Milano. La Città metropolitana di Napoli finora si è sottratta. Non c'è dubbio. Il cambio di passo, ora che le condizioni ci sono, è necessario. Tardivo, ma necessario.

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