di Raffaele Lauro, segretario generale Unimpresa
1. POPULISMO&QUALUNQUISMO: IL “LABORATORIO ITALIA”
Analogie e differenze, pur nella complessa diversità dei contesti storici, politici e istituzionali, hanno caratterizzato il fenomeno italiano del binomio populismo&qualunquismo, una vera malattia ereditaria della nostra democrazia parlamentare, che ha attraversato tutta la storia politica e sociale nazionale: dal ventennio fascista alla repubblica, dal secondo dopoguerra ai giorni nostri. Un fenomeno carsico che è riaffiorato, a intervalli più o meno lunghi, evocato, interpretato e cavalcato da personalità, spesso estemporanee, con connotazioni sempre demagogiche. Il populismo, il qualunquismo e il radicalismo, intesi come movimenti antisistema, anticasta, antipolitica e antipartito, hanno annusato e cavalcato, da sempre, la sfiducia della gente comune verso i fallimenti istituzionali e le mancate promesse elettorali del ceto politico, accusato, non a torto, di familismo, di nepotismo, di clientelismo, di lassismo, di incompetenza, di corruzione e, persino, di collusione mafiosa e criminale. Sfiducia che spesso ha determinato fortune elettorali improvvise, seguite, poi, da crolli successivi. Venature populiste&qualunquiste antisistema hanno alimentato anche movimenti separatisti, sovranisti, giustizialisti, ribellistici e negazionisti, questi ultimi, specie negli ultimi due anni di pandemia e di guerra, in funzione antieuropea, antioccidentale e antielitaria.
A questo fenomeno politico, talvolta destabilizzante, vanno associate molte personalità che, nell’arco di quasi ottant’anni, vanno da Guglielmo Giannini a Beppe Grillo. Molti politologi si sono applicati nell’analizzare le analogie e le differenze di questo fenomeno, definendo, in conclusione, l’Italia “un originale laboratorio” del populismo&qualunquismo. La diffusione di questo binomio ha trovato, inoltre, nell’ultimo quinquennio, un potente moltiplicatore comunicativo nel web e nei social media, trasformati, non di rado, in una giungla senza regole e in una fetida fogna di falsità, diffuse da demagoghi da strapazzo, odiatori seriali e narcisisti demenziali. Pochi studiosi, tuttavia, si sono soffermati sull’analisi delle cause profonde dell’ascesa e della caduta elettorale, con parabole temporali diverse, di questi movimenti e delle loro leadership.
2. IL CASO EMBLEMATICO DEL M5s
La disgregazione in atto del M5s, foriera di ulteriori scissioni e frammentazioni, che troverà il punto di caduta nelle elezioni politiche del 2023, quando rischierà, dopo il clamoroso successo del 2018, di essere cancellato definitivamente dalla scena politica nazionale, rappresenta un caso emblematico di quel binomio, pertanto meritevole di una riflessione successiva, più articolata, sulle ragioni delle tre fasi del movimento: la fase ascendente, la fase di prova e la fase di declino. Le ragioni della prima, l’ascesa, sotto la guida visionaria di Gianroberto Casaleggio e quella istrionica di Beppe Grillo, fino all’affermazione elettorale del 2018, come partito maggiormente rappresentato in parlamento. Le ragioni della seconda, la prova, con la scelta di Giuseppe Conte e i suoi due governi, con maggioranze contrapposte, le luci e le ombre delle cosiddette “riforme pentastellate”, il confronto con la realtà e la limitata capacità di governare, peraltro in una fase obiettivamente difficile. Le ragioni della terza, il declino, con l’avvento del governo Draghi, gli insuccessi elettorali, la fragilità della leadership di Conte, e lo scontro, sempre più cruento, tra l’anima governista e quella movimentista, tra Di Maio e Conte, tuttora in corso. Scontro dagli esiti imprevedibili, comunque distruttivi e acceleratori del declino. Il M5s che appare come la “nuova casta”, nella guerra fratricida per il potere, fine a se stesso. La constatazione del tradimento delle attese di rinnovamento e di trasparenza, da parte degli elettori che si lasciarono coinvolgere dagli slogan populistici, qualunquistici e demagogici del 2018.
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