Un errore tariffe condizionate solo da eccesso di domanda. I grandi numeri sono una spirale che si autoalimenta e non siamo in grado di fermare. Il territorio deve difendersida Agorà
Vico Equense - Festa a Vico
compie
21
anni e ritorna dal 10 al
do.
12 giugno. La scommessa dello chef stellato Gennaro Esposito ha vinto. Dalla città d'origine,
Vico Equense, ha conquistato la scena nazionale e grande attenzione all'estero.
Gli ingredienti assemblati sono semplici:
cibo, vino e solidarietà.
L'obiettivo è valorizzare le migliori espressioni della cucina italiana e straniera, offrendo a tutti la possibilità di accedere ai piatti
gourmet: dall'aristocrazia alla repubblica
della buona tavola.
I biglietti acquistati sostengono le associazioni del territorio e le istituzioni sanitarie
di eccellenza, come il SantoBono Pausilipon, che si prendono cura delle persone fragili e dei bambini: 300mila € di fundraising
in media ogni anno.
Ma Festa a Vico è anche riscoperta del territorio. "Il cammino di Seiano" punta a
rivalutare l'antico borgo dei pescatori, un
piccolo gioiello incastonato tra la falesia calcarea che scende a strapiombo dalla statale
sorrentina ed il mare che dà sul golfo delle
bellezze.
Uno scenario unico valorizzato dall'impegno degli operatori della marina che hanno
intrapreso un percorso virtuoso con offerta
di standard sempre più ambiziosi ed anche
con interventi dí riqualificazione delle infrastrutture mediante progetti di finanza.
Di questo ed altro abbiamo parlato proprio
con Gennaro Esposito, ideatore ed organizzatore della kermesse.
Chef, 21 anni di Festa a Vico: da dove è
partita e dove arrivata?
E' partita come happening per gli chef.
Un momento di condivisione, confronto e
contaminazione tra vari modi di declinare la
cucina contemporanea.
Un palcoscenico aperto a chiunque volesse
esserci, condividendo i valori di fondo; esaltare materie prime di qualità, sperimentando. Dopo qualche anno, si è aggiunta un'altra
mission: la solidarietà. E cosi abbiamo coinvolto associazioni che sul territorio offrono
assistenza e cure alle persone fragili.
Il costo del biglietto è incassato direttamente da questi operatori.
E poi ci sono progetti specifici come quelli avviati con il SantoBono Pausilipon.
Nel tempo la Festa è diventata una vetrina
che ha messo in evidenza le capacità di tanti
chef emergenti e fatto conoscere meglio agli
addetti ai lavori un territorio unico come
Vico Equense e la costiera sorrentina.
Le ultime novità sono legate ad una maggiore centralità del vino mediante percorsi
di degustazione esperienziale.
E, da ultimo, la riapertura del teatro Aequa,
nel centro cittadino, ci ha offerto la possibilità di dare una speciale attenzione al profilo
culturale dell'enogastronomia con "speech" dei principali divulgatori ed esperti del settore.
Nel futuro di Festa a Vico, cosa c'è?
Magari provare ad un essere un tassello di
un più ampio disegno che punta a sostenere
la candidatura della cucina italiana come patrimonio culturale immateriale Unesco.
Qual è il contributo a quest'obiettivo che
può dare Festa a Vico?
Diffondere la cultura della gastronomia di
qualità, rendendola accessibile a tutti, estendere i confini della buona tavola, farla conoscere a quante più persone possibile.
La qualità dei piatti, delle produzioni tipiche di eccellenza di cui siamo ricchi, non
deve e non può essere esclusivo appannaggio solo di un'élite, ma deve diventare patrimonio popolare.
Su questo lavoriamo con la Repubblica del
cibo. L'evoluzione che provo a perseguire è
questa: ho sempre voluto che Festa a Vico
fosse la festa di tutti gli chef, dei produttori,
dei cittadini e sempre meno la mia festa.
A proposito di Unesco, la città di Vico non
ha centrato il riconoscimento come città
creativa del gusto. Che fare?
Anzitutto, fare tesoro di questa lezione.
C'è tanto da imparare dalle sconfitte.
Per centrare un obiettivo cosi ambizioso è
necessario programmare con rigore e scientificità. Gli operatori devono fare rete ancora di più, la candidatura deve essere recepita come espressione corale autentica della creatività di un territorio.
E dobbiamo essere più forti nella proiezione esterna, nelle relazioni e nella capacità di
comunicare quello che siamo.
La filiera del turismo è tanta parte dell'economia del territorio. Luci e ombre del settore viste da lei. C'è una grande tradizione di ospitalità con
operatori che hanno fatto la storia del turismo.
Al tempo stesso serve attenzione verso un
turismo che è un movimento dinamico continuo e cambia, non di anno in anno ma di
mese in mese, con una velocità impressionante.
Oggi veniamo da una indigestione di tre anni di over tourism che ha determinato
prezzi spesso folli, condizionati dall'eccesso
di domanda.
Su questo tema mi confrontavo l'altro giorno con il direttore di un importante hotel
fiorentino, il quale mi diceva che se i prezzi
sono determinati solo dal rapporto domanda-offerta ed alla crescita delle tariffe non
corrisponde un proporzionale adeguamento di standard e servizi, rischiamo di fare
passi indietro. Questo, in un contesto di
straordinaria competizione internazionale,
non ce lo possiamo permettere.
A tal proposito, il suo collega chef, Peppe
Aversa del ristorante "Il Buco", ci ha detto:
basta guardare ai numeri in crescita, questo territorio non è in grado di gestire flussi
enormi, mancano infrastrutture e servizi e
l'ospitalità, che mostra le prime crepe, potrebbe esserne travolta. La convince questo
discorso?
Conosco e stimo Peppe Aversa. E' partito
da zero come me. Lo ricordo quando serviva ai tavoli del "Fauno" a Sorrento, mentre
io mi occupavo del banco gelati in un bar di
Vico.
Ha la saggezza di chi ha costruito il proprio
percorso professionale in salita e non si è arreso. Vero quello che dice, ma credo sia ormai troppo tardi per fermare il sistema che si
autoalimenta di grandi numeri.
La strada che indica è quella giusta, ma possiamo provare a dare il nostro contributo
solo attraverso scelte individuali, come fa
lui, provo a fare io, sta facendo Don Alfonso
ed anche altri.
Andiamo a due temi correlati, Festa a Vico
ha contribuito a far scoprire tanti giovani
chef e, poi, c'è il tema della carenza di organico in tante strutture del turismo dove
mancano proprio i giovani: che fare?
Sui giovani chef penso di stare con la coscienza a posto. Nell'ambito di Festa a Vico
organizzo una degustazione riservata a giornalisti specializzati ed a cui partecipano tanti giovani chef provenienti da tutta Italia e
segnalati da clienti, addetti ai lavori, produttori ed amanti della cucina.
Sulla carenza di organico, credo che il punto
centrale sia questo: nessuno giovane ha più
bisogno di lavorare per vivere. Le famiglie
sono molto accomodanti su questo fronte.
E lo spirito dei tempi che va in questa direzione.
Che fare?
Motivare i giovani, riprendendo lo spirito
della bottega rinascimentale dove si andava
ad imparare un'arte. E la cucina può esserlo.
Questa credo sia la nuova frontiera per avvicinare alla professione il mondo giovanile.
Il tutto unito a rispetto ed attenzione alle
persone che collaborano con noi.
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