lunedì 24 marzo 2008

«Raccolgo il grido di Saviano la legalità questione cruciale»

Legalità, formazione, sviluppo: passa attraverso questo triangolo, sostiene Marco Follini, capolista del Pd al Senato, il rilancio della Campania. Prima l’appello di Roberto Saviano a rompere il silenzio sulla camorra, poi il monito del cardinale Crescenzio Sepe. C’è, sulla legalità, il rischio di un arretramento? «Non possiamo restare indifferenti al loro grido. Il tema della legalità è cruciale. Chi ha a cuore la civiltà del nostro Paese e la rinascita del Sud ha il dovere di mettere questo tema in cima all’agenda politica». Sepe interviene sempre più spesso sui problemi della città. È anche l’indice di una debolezza della politica? «La forza e la suggestione del messaggio religioso sono un fatto positivo. La debolezza della politica è un fatto allarmante. Tra le due cose un rapporto c’è ma non dobbiamo vederlo come un gioco a somma zero. La politica può riprendere la sua forza senza mettere in ombra il valore spirituale della religione. Il valore civile della Chiesa sta appunto nel sollecitare la politica a fare meglio». La campagna elettorale si svolge in un clima di tensione. I rifiuti per strada, turismo e agroalimentare al tracollo... «Tutte le campagne elettorali sono difficili ma quella a cui siamo chiamati in Campania lo è ancora di più perchè incombe la tragedia civile dei rifiuti. Occorre uscire al più presto dall’emergenza e mi pare che l’impulso di De Gennaro sia di aiuto. Occorre, nel frattempo, studiare misure di sostegno a quei comparti, come turismo e agroalimentare, che sono stati più duramente colpiti». Bassolino parla di autolesionismo. Concorda? «Io non sono un cultore del lamento. Chiunque ha responsabilità politiche è chiamato a battersi il petto e fare ammenda e questo riguarda tutti, noi per primi. Alla destra che occupa l’altra metà del campo dico e ripeto che non si può cavalcare l’emergenza con spregiudicatezza elettoralistica. Esiste un limite alla partigianeria, un limite patriottico se così posso dire». Però i giovani, soprattutto laureati, emigrano. Cosa fare per trattenerli? «Qualunque programma di sviluppo passa dalla cruna dell’ago del recupero della legalità. Se non siamo capaci di garantire questo, tutto il resto è fumo. Il centrodestra cavalca molto la tigre del nordismo che trova lì il suo baricentro elettorale e programmatico. Noi non dobbiamo abbandonarci a una sorta di controleghismo meridionale e dobbiamo esser capaci di risposte che rinsaldino le diverse aree del Paese». Questa è una terra di contraddizioni. Da un lato i poli di eccellenza, dall’altro gravi ritardi come a Bagnoli. Come se ne esce? «Con una sorta di triangolo virtuoso: legalità, formazione, riconversione dell’apparato industriale. Bisogna evitare alcuni errori del passato e fare un salto di qualità. In tal senso, occorre premiare le aree di eccellenza, indirizzare le risorse pubbliche dove c’è innovazione, chiudere l’annosa pratica degli interventi a pioggia». Due anni fa lei fu capolista dell’Udc, De Mita dell’Ulivo. Oggi lei è capolista del Pd, De Mita dell’Udc. Vi siete scambiati i ruoli? «Con De Mita c’è una storia vissuta assieme. Fino a qualche giorno fa avevamo in comune anche il giudizio sul Pd». De Mita ha raccontato di averla incontrata a una direzione del Pd e di averle detto: «Che fai? Io me ne vado e tu vieni». Chi ha ragione? «Secondo me il Pd, al netto della differenza dei tempi, ha molte affinità con lo spirito democristiano e non a caso dentro il Pd la tradizione cattolico-democratica è viva. Penso che i democristiani stiano meglio lì piuttosto che dentro una nicchia. Ma vorrei togliere a questi temi il sapore della sfida. Per De Mita ho stima, rispetto e amicizia antica e il fatto di militare in partiti diversi non toglie nulla al nostro rapporto. Almeno da parte mia». (Paolo Mainiero il Mattino)

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