Verità per il povero Stefano Cucchi!"Da sorella, madre e cittadina, vi chiedo di intervenire affinché questa normalità" non venga più tollerata, affinché non venga dimenticato ciò che è successo a mio fratello e affinché non si aspetti nell’inerzia la prossima morte indegna che una famiglia distrutta sarà costretta ad urlare a tutto il Paese". E' cosi, con "fiducia e rispetto" che Ilaria Cucchi la sorella di Stefano, morto a 32 anni nel reparto carcerario del Sandro Pertini dopo un arresto per droga e con le ossa rotte, scrive ai ministri della Giustizia e dell'Interno Alfano e Maroni, della Difesa la russa, e all'onorevole del Pd Ignazio Marino, che come presidente della Commissione parlamentare sul Servizi sanitario ha aperto un'inchiesta sulla morte di Stefano. Ilaria ha deciso di prendere carta e penna alla fine della lettura dell'inchiesta del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, che di fatto assolve i tre agenti penitenziari indaagti per omicidio preterintenzionale: secondo l'ipotesi della Procura furono loro a pestare Stefano nei sotterranei del Tribunale. Indagati ci sono anche sei medici dell'ospedale Pertini, con l'accusa di omicidio colposo. Ma se la relazione del Dap nei fatti non riscontra irregolarità nelle procedure adottate dai suoi dipendenti, contemporaneamente in 348 pagine mette in evidenza una lunga serie di falle e errori che alzano il velo sulla "normalità" della gestione dei carcerati. Ed è proprio di questa "dannata" normalità che nella sua lettera Ilaria vuole parlare, elencando le notizie emerse dalla relazione che l'hanno più sconvolta e turbata, per chiedere infine che il calvario affrontato da suo fratello non debba più toccare in sorte a nessuno. (Cinzia Gubbini il Manifesto)
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