venerdì 7 maggio 2010

“Elogio della Pazienza”

L’on. Marco Follini, indimenticato ex vicepresidente del Consiglio del governo Berlusconi-2bis, oggi senatore piddino, ha scritto un libro “Elogio della Pazienza”. Da giovane si dichiarava doroteo, ha conosciuto Moro a 14 anni, durante un colloquio di due ore in cui lo statista gli dava del lei. È segretario nazionale del movimento giovanile DC dal 1977 al 1980. Promosso alla direzione nazionale del partito, vi lavora dal 1980 al 1986, durante i governi Forlani, Spadolini, Craxi e Fanfani. Nel 1986 esce dalla direzione di partito per entrare nel CDA della RAI, dove rimane fino al 1993. Quando muore la DC, è fra i dirigenti favorevoli ad un'alleanza moderata di centrodestra. Dal 1995 al 2001 è membro della direzione nazionale del CCD guidato da Casini. Quando Casini viene eletto presidente della Camera, assume la presidenza del CCD, fino a diventare segretario dell’UDC (nel 2002). Dal 2 dicembre del 2004 al 15 aprile 2005 ricopre la carica di vicepresidente del Consiglio nel governo Berlusconi II. Chiede il rinnovamento dell’esecutivo dopo la sconfitta maturata alle elezioni regionali del 2005. Nel terzo governo Berlusconi, Follini sceglie di non farne parte per dedicarsi all'attività di partito. Durante questo vari episodi di conflitto tra Follini e Berlusconi che gli addebita un surrettizio ostruzionismo alla spinta riformatrice. Il 15 ottobre 2005 si dimette da segretario dell'UDC. Il giorno prima era stata approvata la legge proporzionale, non proprio come la chiedeva Follini: “… Immaginavo una legge in cui la furbizia e la virtù si tenessero in equilibrio, e non una situazione in cui l'una schiacciasse l'altra.» (l’Avvenire, 16 ottobre 2005). Eletto senatore nel 2006 torna ad esprimere dissenso all’UDC, che ritiene succube di Silvio Berlusconi. Nel marzo 2007 vota la fiducia al Governo Prodi II. A giugno aderisce al gruppo L'Ulivo del Senato. Alle elezioni 2008 è stato rieletto al Senato. Alle primarie del PD del 2009 ha sostenuto Bersani. Nel suo libro l’ esponente politico rivaluta alcuni aspetti della Prima Repubblica, e traccia il suo ritratto del quindicennio berlusconiano. Parola d'ordine, innovazione. "A furia di ripeterla - scrive Follini - da ogni pulpito, in ogni contrada, a ogni incrocio, la politica italiana da qualche tempo si illude di non pagare dazio per i propri ritardi, e per i ritardi del paese. Di più. Si convince che il suo dovere sia tutto nel cambiamento, e che se solo fosse capace di adempiervi velocemente vivremmo davvero nel migliore dei mondi possibili. Il credo politico collettivo che va per la maggiore afferma, o almeno sottintende, due cose. La prima è che il nuovo vale più del vecchio. La seconda è che il passaggio dal vecchio al nuovo dev'essere il più rapido possibile. La politica è chiamata a essere soprattutto veloce, dinamica, all'occorrenza frenetica. Di questi tempi la sua cifra è la fretta, il suo stato d'animo è l'ansia. E invece no. La politica ha bisogno di tempo. È lenta. E la democrazia - che è fatta di tante voci, tanti interessi, tanti conflitti - è particolarmente lenta. Cammina piano, non procede a passo di carica. Riflette, non improvvisa. Elabora. Cerca di convincere, non di incalzare, tanto meno di travolgere. Il suo ritmo è quello di milioni di persone che si muovono assieme, più che quello di corridori solitari che inseguono il primato. In una parola, la politica è un ballo lento."

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