lunedì 3 febbraio 2025

Nel bel mezzo della fila

di Filomena Baratto

Ore 8.40, Posta centrale, primo del mese e ci sono i pensionati a riscuotere. Resto senza parole a guardare il serpentone della fila. Avrei potuto prendere appuntamento tramite app ma ormai è fatta. Mi butto nella mischia. Due cani di piccola taglia sono legati alla ringhiera e intralciano il passaggio. Intanto comincio a temere che ci vorrà del tempo e mi rassegno a procedere. Dopo un quarto d’ora, non ci spostiamo di un passo. Dietro di me si forma un altro serpentone, tanto che un automobilista scatta una foto dall’auto. A metà percorso cominciano a insorgere quelli che mi precedono per qualche infiltrato che cerca di farsi varco e superare. Non lo lasciano passare. Davanti a me due anziani raccontano di dover correre a pagare il fitto di casa subito dopo aver prelevato la pensione. Hanno un’aria afflitta, non ce la fanno, e non sopportano quelli che passano senza rispettare la fila. La tentazione di prendere l’appuntamento tramite app, poiché non ne uscirò in un’ora, è forte, ma resisto: non mi va di passare avanti dopo essere stata in fila con gli altri. Dietro di me due donne insorgono con discorsi che partono dalla fila per finire con i giovani. La prima afferma che se non si fa una rivoluzione, non cambia niente. L’altra ribatte che il male è che ognuno pensa per sé e nessuno ha la volontà di far funzionare le cose. Quella di prima continua dicendo che oggi è un caos, e che i giovani sono maleducati e senza istruzione. ”Una volta”, continua l’altra, “i figli rispettavano i genitori mentre oggi accade il contrario: i genitori fanno ciò che dicono i figli”. Allora l’altra, che la seguiva attentamente, si rende conto che la fila non migliora e fa una partaccia all’intrusa che, quatta quatta, passa oltre. Le urla di tornare indietro ma la tipa, senza scomporsi, resta dove è arrivata.

 

Il vecchietto davanti a me con un fil di voce dice: “Fanno sempre così, scostumati!” Mentre parliamo, arrivano due signori che alzano le braccia con il telefonino in mano come se stessero contrattando in Borsa e sgomitano per arrivare all’ingresso. Due anziani li fanno retrocedere dicendo loro che comunque entrano quando smaltiscono la fila all’interno. Non contento, quello più alto con la prenotazione avanza senza ritegno, addirittura superando tutti gli altri. Io e la mia vicina di fila affermiamo che ci vorrebbero due code: una per i prenotati e una per altro, e nei giorni di maggiore affluenza, come quelli per le pensioni, magari fare a meno delle prenotazioni. Siamo letteralmente assaliti dai prenotati che affermano di dover entrare senza sentire ragioni. Il culmine si raggiunge quando, dopo un’ora, arriva l’ennesimo tipo con la prenotazione col braccio alzato, sventolando il cellulare per far sì che dall’interno, vedendolo con la pagina dell'app aperta, lo facciano entrare. Il vecchietto prima di me, a quel punto, s’infuria. In risposta l’altro gli dice che ha preso l’appuntamento con l’app perché non vuole stare in fila con loro. Insorgo pure io e gli dico che avrei potuto prenotare stando lì in fila ma non l’ho fatto perché mi sembra ingiusto che un anziano resti tanto tempo ad aspettare. Il tizio abbassa i toni ma nel frattempo arriva un’altra signora che batte la bandiera degli appuntamenti. Anche lei freme come un motore acceso pronto a partire ma le ho spiegato che dovrebbero avere anche un po’ di rispetto per chi fa la fila dal mattino e si vede sorpassato dai prenotati. E con questo si calmano tutti, poiché finalmente si ammette che la colpa non è di chi è in fila, ma di chi organizza il servizio. Ma prima di entrare arriva la ragazza delle cialde di caffè che deve rifornire l’ufficio e nessuno la fa passare: ha dovuto aspettare l’apertura con gli altri. Il vecchietto di prima, a questo punto, esasperato, vedendo un anziano uscire dalla porta d’ingresso, l’ha preso e spinto dicendogli di togliersi dai piedi. Ma non l’ha finito di dire che la moglie del tizio l’ha redarguito, per poco non lo sbranava. Trovandomi dietro di loro ho cercato di calmarli così, come me, un’altra signora, pure lei prenotata, ma finalmente con un po’ di buonsenso. Si apre la porta dell'ingresso anche per noi e in contemporanea un altro con la prenotazione s’infila dentro per primo. Finalmente sono entrata e, ironia della sorte, quelli con l’appuntamento, per vari motivi, aspettavano seduti, mentre chi era stato in fila era già allo sportello. Ho impiegato due minuti per la mia operazione. Quando sono uscita, ho pensato: “Ce l’ho fatta!” E ridevo da sola al pensiero del vecchietto che, vistosi assalito da quelli con appuntamento, ha urlato: “E va be’, appena “mi imparo” il funzionamento dell’app, vi frego a tutti quanti, poi voglio vedere chi mi dice che non devo entrare”. “Sempe che pigli ancora a pensione!” ha ribattuto il suo vicino. Mi ritorna la frase del signore che ha ripetuto al vecchietto, che lo assilava, di non voler fare la fila per non stare in mezzo agli altri, come forma di disprezzo per chi sembra lontano da noi. Mi chiedo come faccia una persona anziana e poco autonoma a stare al passo con i tempi e come una società civile non ne tenga conto.

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