In Campania, come nel resto del Paese, si vota per decidere su una doppia alternativa: se a Palazzo Chigi debba andare Berlusconi o Veltroni e se il Parlamento debba assumere o no una forma bipartitica. Ma in Campania gli elettori non possono ignorare altre due questioni, che qui appaiono egualmente strategiche. In primo luogo, questo territorio vive una crisi eccezionale, che ha molte responsabilità e molti padri, a partire naturalmente da Antonio Bassolino, e sarebbe ben strano se dalle urne non emergesse una reazione — quale che sia — al fallimento conclamato di un intero ceto politico- amministrativo. Significherebbe che lo spirito pubblico è talmente prostrato da aver perso ogni volontà di riscatto. Che non riesce ad attivarne le energie neppure un collasso ambientale di proporzioni storiche. La seconda variabile è che, a Napoli come nel resto della regione, tutti i partiti — e spesso le correnti interne ai partiti — stanno costruendo le proprie complicate strategie per la successione a Palazzo Santa Lucia e a Palazzo San Giacomo. Le odierne elezioni, che pure riguardano il parlamento, avranno un'influenza decisiva su questo punto. Se il prossimo governatore sarà di destra o di sinistra, bassoliniano o dalemiano, vicino al Pdl oppure a De Mita, eccetera, dipenderà in buona misura dal responso delle urne. Un effetto collaterale di grande importanza. Ma le scelte degli elettori campani si presentano complesse anche a causa della qualità delle liste, che, fatte le debite eccezioni, appaiono singolarmente mediocri nel Pdl e significativamente di stampo coloniale nel Pd. Il centrodestra ha confermato la scarsa presa sulla società locale e i propri tradizionali limiti di egemonia, quasi non intendesse approfittare della crisi degli avversari. Il centrosinistra, per parte sua, non ha trovato di meglio che catapultare a Napoli un nutrito drappello di «forestieri», da D'Alema a Sircana, Follini, D'Antona, e inoltre presenta al proprio interno due partiti ferocemente contrapposti: i bassoliniani e gli antibassoliniani. Un bel problema per i democrat. La legge elettorale impedisce infatti di scegliere tra i candidati del governatore e quel drappello di «volonterosi » che in questi mesi hanno aperto una discussione critica sulla passata esperienza amministrativa e che sembrano tesi ad una svolta negli uomini e nei metodi. Ai cittadini, com'è noto, vengono presentate liste chiuse a doppia mandata: prendere o lasciare. Oggi e domani, quattro milioni e mezzo di elettori sono chiamati ad esercitare il loro diritto di rappresentanza nel bel mezzo di una congiuntura a tal punto grave da finire sulle prime pagine di tutta Europa. E in un quadro politico locale che appare, esso stesso, disarticolato dalla crisi. C'è da sperare che — se non le truppe cammellate dei clientes di ogni colore — almeno la parte più sana dell'opinione pubblica ne tenga conto. Perché, al di là degli appelli interessati e della propaganda, una cosa è certa: in Campania e a Napoli queste non sono elezioni qualsiasi. (Paolo Macry da il Corriere del Mezzogiorno)
Foto di Alessandro Savarese
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