lunedì 26 agosto 2019

L'Italia ha bisogno

di Gioacchino Alfano

Avrei voluto utilizzare il silenzio come strumento di saggezza ma il particolare e delicato momento politico mi spinge a tumultuose riflessioni. Ho fatto parte di tre governi e faccio politica da troppi anni per non sentirmi coinvolto. I partiti riescono a governare i Paesi grazie alla diversità dei propri programmi, se si fosse noiosamente appiattiti su analoghe vedute non si innescherebbe quel sano meccanismo competitivo per il miglior risultato. Non esistono #alleanze perfette o unioni combacianti. Bisogna rimettere al centro del dibattito la Politica, l’unica in grado di condurre il Paese in una direzione di crescita. Può sembrare un pensiero retorico, ma faccio un’analisi semplice con lo sguardo rivolto all’Italia. Le urne non vanno né invocate né temute, tanto meno possono rappresentare la soluzione ai problemi degli italiani e dell’Italia. I governi non dovrebbero terminare prima della naturale scadenza indicata dalla Costituzione, nel rispetto della volontà popolare, delle norme ma soprattutto per avere il tempo sufficiente per l’attuazione dei programmi e poterne valutare gli effetti. Quando un matrimonio non funziona più si può riprovare con presupposti diversi o ci si può separare temporaneamente perché ciò porti giovamento all’unione o si può recidere definitivamente il rapporto. In tutti i casi ciò che risulta indispensabile è il senso di responsabilità. Questo chiedo ai miei colleghi che ora lavorano alle trattative, questo chiedo ai miei amici parlamentari: scelte responsabili, slegate dal consenso sul quale non si può più contare.


Il consenso oggi più che liquido, come lo definiscono gli esperti, è gassoso, si disperde da un giorno all’altro ed è per questo del tutto imprevedibile. L’unica cosa che conta e che resta nella storia è ciò che di buono possiamo fare per questo Paese. Mettiamo a disposizione, ognuno per il proprio know how, competenze ed esperienza, lavorando per uscire dalla crisi che stringe in una morsa il nostro Paese, per il fine collettivo. Costruiamo una task force che va oltre le poltrone ed è in grado di fronteggiare al particolare momento senza improvvisazione, con le competenze di cui necessità un Paese che deve uscire dalla crisi, che ha bisogno di manovre fatte con diligenza ed esperienza amministrativa, scongiurando un governo di breve durata che non avrebbe modo di operare in maniera programmata. Poi, se la parola deve passare agli italiani, che voto sia! Se invece bisogna tenere duro, denti stretti e maniche di camicia arrotolate! In entrambi i casi la rotta va tracciata con senso di responsabilità.

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