domenica 24 luglio 2016

Arte, bellezza e natura nel nuovo romanzo di Raffaele Lauro

Raffaele Lauro e Violetta Elvin
di Francesco Di Maio 

Vico Equense - L’attesissimo romanzo di Raffaele Lauro, “Dance The Love - Una Stella a Vico Equense”, che conclude “La Trilogia Sorrentina”, sarà presentato, in anteprima nazionale, mercoledì 27 luglio, alle ore 19.30, a Vico Equense, sul Sagrato della Chiesa della Santissima Annunziata, in via Vescovado. La significativa manifestazione culturale, con la scelta di una location simbolica, unica al mondo, è stata organizzata dalla Città di Vico Equense, nell’ambito del Social World Film Festival - Mostra Internazionale del Cinema Sociale (24 - 31 luglio 2016). Il romanzo narra la vicenda, umana e artistica, della grande danzatrice russa Violetta Elvin, nata Prokhorova e vedova di Fernando Savarese, la quale sarà l’ospite d’onore della serata. Introdurrà il direttore artistico del Social World Film Festival, Giuseppe Alessio Nuzzo, al quale farà seguito l’indirizzo di saluto del sindaco di Vico Equense, Andrea Buonocore. Il dibattito sarà coordinato dal giornalista de Il Mattino, Antonino Siniscalchi. Prenderanno la parola, in qualità di relatori, il professor Salvatore Ferraro, l’avvocato Giuseppe Ferraro e la professoressa Angela Barba. Concluderà Raffaele Lauro, con un discorso di ringraziamento alla grande artista, ispiratrice dell’opera, e il ricordo del Maestro Zarko Prebil, recentemente scomparso. Partiamo dalla “Musa” ispiratrice del suo romanzo: Violetta Elvin. Grande ballerina che, all’apice del successo, si trasferì a Vico Equense per amore. Un’artista che ancora oggi è sconosciuta a tanta parte dei suoi concittadini. Perché è rimasto stregato da questa donna? Questo terzo romanzo della mia trilogia, dedicata alla mia terra natale, celebra, in maniera esplicita, una grande artista, ma, in primis, una figura di donna coraggiosa, amante della libertà e curiosa del mondo, della natura e dell’arte. Arte intesa come l'espressione più alta della creatività umana: nella musica, nella pittura e nella danza. Potrei definire donna Violetta come un personaggio “rinascimentale", con lo sguardo rivolto al futuro, nella consapevolezza del passato. Le doti, che mi hanno stregato, le derivano, geneticamente, dal padre, un pilota di aerei e inventore. Donna Violetta, a novantatre anni, rimane una donna affascinante, dotata ancora di quell’allure, proprio dei grandi artisti. Quel misto di semplicità e di eleganza, che la rende, ancora oggi, così particolare e così agréable, sempre sorridente e, tuttavia, sfuggente, quasi avvolta nel mistero.
A stregare Violetta, invece, è Vico Equense. Prima alla Marina d’Aequa - dove accenna ad una suggestiva danza sulla riva con l’immagine della Venere di Botticelli negli occhi e la musica de “Lo Schiaccianoci” di Čajkovskij nelle orecchie - poi a Monte Comune, dove, grazie alle parole del vento, ritrova sé stessa. Ci spiega il mistero e il senso di questo legame profondo tra Violetta e Vico Equense? Violetta si innamora non solo dell’uomo della sua vita, ma anche delle bellezze paesaggistiche di Vico Equense: il fascino della montagna, coperta, sulla sommità, da un intrico di flora centenaria, profumata, nelle selve, da fiori sconosciuti e diffusa, dappertutto, come un mantello protettivo, da una macchia mediterranea, che si rinnova senza tregua; l’armonia digradante delle colline, il cui sorriso si disvela, anche all’occhio più distratto, nella luce abbagliante del sole o nel tenue chiarore della luna; il piano, che sembra, con i suoi palazzi signorili e le sue chiese, scivolare lentamente verso l’orlo estremo, indugiando, per un attimo, solo per un attimo, davanti allo spettacolare Golfo di Napoli; la costa alta, scolpita, nei secoli, dall’impeto dei venti, dalle acque piovane, dai rivi defluenti e dai marosi, che si tuffa, come le fondamenta di una cattedrale gotica, nell’azzurra profondità delle acque marine, nascoste, talvolta, in grotte misteriose o pullulanti intorno a scogli solinghi. Il sentimento panico che travolge Violetta Elvin, su Monte Comune, le conserte di ritrovare la strada della propria libertà e di riappropriarsi delle proprie scelte di vita, come donna e come artista. In un lasso di tempo limitato, rivive in lei, nei suoi occhi e nel suo cuore, l'origine del mondo, il destino dell'umanità e il mito dell’Alma Mater. Mi sono commosso a scrivere quelle pagine! L’incontro con Fernando Savarese unisce in Violetta l’amore per i luoghi con quello per un uomo. Ci parla di Fernando e della sua famiglia, i Savarese, imprenditori storici, giunti alla terza generazione? Un famiglia straordinaria. Eccezionale. Dal punto di vista umano e sociale, nonché imprenditoriale. L’iniziale attività economica della famiglia Savarese era collegata alla titolarità di una concessione demaniale, a Vico Equense, dietro la Marina d’Aequa, per lo sfruttamento di una grande cava di pietre, utili a realizzare scogliere frangiflutti, a protezione dei porti, che, nella ricostruzione post-bellica, si andavano a realizzare, numerosi, nel Mezzogiorno. L’attività imprenditoriale, quindi, si svolgeva, sotto la rigorosa guida del padre di Fernando, Antonio, tra la cava di Vico Equense e il porto di Napoli, donde grandi pontoni in legno trasportavano i materiali alle diverse destinazioni. I cinque figli maschi affiancavano il capostipite, nelle diversificate attività economiche, per proseguirle, ampliarle e consolidarle, anche tramite la successiva generazione dei nipoti: Nino, l’architetto, il quale costruì sulla costiera, tra Castellammare di Stabia e Vico Equense, lo splendido complesso alberghiero-balneare di “Capo La Gala”; Luigi, il quale fu eletto sindaco di Vico Equense; Fernando, il quale diventò l’amministratore delegato della società, che costruì e gestì il lussuoso resort “Le Axidie”, alla Marina d’Aequa, con la preziosa collaborazione dei fratelli Giuseppe e Raffaele. Inoltre, la famiglia Savarese si alleò con gli storici armatori Aponte di Sant’Agnello per realizzare una nuova compagnia marittima, la Navigazione Libera del Golfo, destinata ai trasporti di uomini, mezzi e merci nel golfo, tra Napoli, Ischia, Procida, Capri e Sorrento. Per me è stato un vero privilegio celebrare questa famiglia, la quale, insieme con tante altre, a Vico Equense, a Meta, a Piano di Sorrento, a Sant’Agnello, a Sorrento e a Massa Lubrense, ha contribuito alla crescita economica e civile della nostra costiera, avviando generazioni di giovani nel comparto turistico. La figura di Antonio Vasilij, detto Toti, frutto dell’amore tra Fernando e Violetta, emerge con tratti di grande delicatezza e profonda dedizione per Violetta. Ce ne parla? Antonio Vasilij Savarese ha ereditato, dalla madre, l’eleganza e il tatto e, dal padre, la concretezza. Forte di una solida e prestigiosa educazione scolastica, conseguita nei migliori college della Gran Bretagna, ha acquisito una formazione di alto profilo, che gli è stata molto utile quando ha deciso di rientrare in Italia e di dedicarsi, come il padre, all’attività alberghiera. Toti non ha fatto mai mancare ai genitori, così speciali e così fuori dal comune, il suo affetto filiale, la sua dedizione e la sua riconoscenza, che si manifestarono, in particolare, quando assistette il padre Fernando, nel corso della malattia, e quando confortò la madre Violetta, alla scomparsa dolorosissima del marito. Nel romanzo sono citati personaggi di rilievo nella vita cittadina: lo chef stellato Giuseppe Guida, lo storico manager de “Le Axidie”, Antonio Cioffi, il professore Salvatore Ferraro, studioso e cultore di storia locale. Ci aiuta a scoprirli? Guida, Cioffi e Ferraro rappresentano tre risorse umane straordinarie, anche se non uniche, della realtà vicana: un grande chef, un grande manager e un grande intellettuale. La storia professionale di Giuseppe Guida non risulta dissimile da quella degli altri colleghi stellati: dalle prime esperienze nelle strutture turistiche della Penisola Sorrentina fino al soggiorno-studio all’estero (nel suo caso, presso Hamilton, nelle Isole Bermude, dove accrebbe ulteriormente il suo background professionale). Il ritorno, poi, a Vico Equense, e la decisione di aprire, nel cortile della vecchia casa settecentesca di famiglia, un’osteria, alla quale ha dato il nome di sua madre, Rosa. Gli inizi non sono stati facili, eppure, con fermezza, modestia, passione, estro e la giusta dose di ambizione, Guida è riuscito a trasformare, come in una magia, una semplice pizzeria in un ambiente rustico, ma elegante, un luogo riconosciuto dell’alta cucina, terra promessa di raffinati gourmet. Antonio Cioffi, invece, prima di cominciare la decennale collaborazione con Fernando Savarese nella gestione de “Le Axidie”, aveva studiato, anche lui, in scuole prestigiose, in Inghilterra e in Scozia, lavorando, per mantenersi gli studi, come cameriere, in due santuari dell’hotelleria britannica, il “Savoy” di Londra e il “George” di Edimburgo, frequentati dai membri della famiglia reale e della Camera dei Lord, nonché dalle élite della cultura, dello spettacolo, dell’economia e della società inglese e internazionale. Aveva, così, acquisito un bagaglio umano e professionale che lo ha reso uno tra i migliori manager alberghieri della costiera. Salvatore Ferraro è un raffinato intellettuale, severo, intransigente, solerte, nonché un applicato studioso, come pochissimi. Ha dedicato la vita all’insegnamento e allo studio, oltre che all'amatissima famiglia, formando generazioni di studenti vicani, stabiesi e sorrentini. Un cultore insostituibile di storia patria, con le sue pubblicazioni documentatissime, che riparano allo scempio arrecato da improvvisati storici locali. Nella dedica iniziale, fa riferimento ai suoi nonni materni, originari delle colline aequane, di cui parla in modo più esteso in un altro suo libro: “Cossiga Suite”, dedicato a suo fratello scomparso. Possiamo tornare su loro. Chi erano e cosa fecero? Don Raffaele Aiello, un melomane, un contadino-intellettuale, un socialista alla Arturo Labriola, del quale porto il nome, e donna Giuseppina De Simone, semianalfabeta, ma energica capo-azienda familiare, detta Peppinella, ebbero tredici figli, tra i quali Angela, mia madre. Erano originari entrambi da due famiglie di Massaquano: gli Aiello, contadini-proprietari, benestanti, con uno zio prete, all’epoca, molto colto e influente; i De Simone, invece, più modesti, falegnami, piccoli artigiani del legno. Dopo il matrimonio, i due si trasferirono, con il seguito dei figli, che nascevano, anno dopo anno, in un terreno da coltivare, a monte di Marina d’Aequa, successivamente in un aranceto di Sorrento e, infine, nel fondo di loro proprietà, a Migliaro, sopra la Chiesa di Sant’Agnello. Il mio omaggio a Vico Equense, tramite Violetta Elvin, vuole essere anche il mio omaggio alla terra di origine dei miei nonni materni. Per concludere, torniamo a Vico Equense. Il territorio fa da sfondo a tanta parte del romanzo. E’ una cittadina cerniera tra due grandi attrattori turistici - l’area vesuviana, da una parte, con gli scavi di Pompei ed Ercolano - e dall’altra le coste sorrentina e amalfitana con paesaggi e bellezze naturali impareggiabili. Cosa è oggi Vico Equense e cosa può diventare? Vico Equense è uno dei territori più pregiati, dal punto di vista paesaggistico, della Penisola Sorrentina. Come pure Massa Lubrense. Il mio romanzo intende anche esaltare questa ricchezza naturale, richiamando l'attenzione di tutti su un patrimonio che deve essere necessariamente tutelato, in quanto base insostituibile della propria civiltà e della propria economia. Bisogna investire sempre più in marketing territoriale, non solo nelle feste paesane. Una strada indicata è quella del Social World Film Festival - Mostra Internazionale del Cinema Sociale, diretto brillantemente dal giovane regista Giuseppe Alessio Nuzzo, giunto, quest’anno, alla VI Edizione, che veicola, nel mondo, il brand di Vico Equense.

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