lunedì 25 luglio 2016

“Gomorra”, tra realtà e finzione scenica...

Nella foto Salvatore Esposito che nella fiction interpreta Genny Savastano
Vico Equense - La presenza di una parte del cast di Gomorra 2, al Social World Film Festival, ha provocato alcune polemiche in Città. A molti la serie tv non piace. La ritengono, a dispetto certamente delle intenzioni degli stessi autori, diseducativa. Il dibattito infuria c’è un ampio schieramento che senza mezzi termini accusa la fiction di veicolare in tv modelli sbagliati e negativi. Da qui parte poi tutta la diatriba sul valore educativo, sull'impatto che può avere sui giovani e le possibili ricadute sociali che il principio di imitazione potrebbe determinare. Roberto Saviano ha dichiarato più volte che Gomorra è nata fin da subito per essere una “serie senza il bene”. Anche in questa seconda stagione l’obiettivo è far misurare il pubblico con il male in modo assoluto e totalizzante, senza la mediazione di figure positive per cui fare il tifo. In Gomorra non troviamo infatti uomini delle forze dell’ordine che siano protagonisti o personaggi che riescono a ribellarsi alla spirale di violenza nella quale sono cresciuti. La serie-denuncia cerca di descrivere il male dall’interno, nella convinzione che esso vada raccontato per ciò che è, senza filtri e con estremo realismo. Io credo che raccontare il male non è sbagliato, dato che sarebbe più errato nasconderlo o addirittura far finta che non esista. Solo prendendo coscienza della realtà possiamo in qualche modo far qualcosa per migliorare. Gomorra quindi, più che una serie tv dedita all’intrattenimento, deve farci fermare a riflettere su cosa ci circonda e su come possiamo fare per migliorarci...

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