Era una piazza piena quella del Plebiscito, 50 mila o 70 mila. Il nodo vero è che non si è affrontato il problema Bassolino. In sostanza
Veltroni ha detto che bisogna essere grati per tutto ciò che ha fatto dal ‘93 in poi, non servono capri espiatori, le colpe della crisi rifiuti sono ben distribuite, ma il ciclo — comunque sia — è finito. D’altra parte, Veltroni non ha scansato l’abbraccio. Avendo ascoltato tutto il discorso dei leader del Pd posso dire che spirava un’aria
di governo. Inteso, il governo, soprattutto come rispetto per (e senso delle) le istituzioni (d’obbligo il riferimento al caso Napolitano creato in giornata dal solito cavaliere), come capacità di decidere e poi fare, e
rapidamente e perfino come omaggio ai simboli nazionali: la bandiera, e l’inno, cantato in coro prima di ripassare l’audio all’inno fiduciario di Jovannotti. Prima Massimo
D’Alema che ha difeso il Sud. Il candidato Premier si è giocato le carte della educazione di base, della lotta al precariato e del no alla camorra (ancora una volta, innanzitutto ripetendo che il Pd rifiuta il voto delle famiglie mafiose e camorriste, poi assicurando impegno senza quartiere per la distruzione delle cosche) e anche delle primarie come strumento per la selezione della classe dirigente.
Nessun commento:
Posta un commento