domenica 28 novembre 2010

Vico e lo «scivolo» dal produttore al piatto

Nel golfo di Napoli, dove la cucina è a impatto zero. Fra cipolle caramellate e vermicelli Scorribande

Vico Equense è un piccolo esempio di come dovrebbe essere la vera cucina italiana: dal produttore al consumatore con la sola mediazione del cuoco. Meglio se immenso, come Gennaro Esposito. Vico Equense è affascinante anche fuori stagione, visto dalla terrazza dell'hotel Angiolieri o dalla torre saracena del settimo secolo dove Gennaro esercita. «Una zona agrodolce, piena di contrasti». Sulla strada per arrivarci incontro il moderno porto turistico di Marina di Stabia progettato da Massimiliano Fuksas e le terme di Scrajo. Qui trovo cuochi di grande valore come Peppe Guida dell'Antica Osteria Nonna Rosa o Michele De Leo dell'Accanto, ristorante dell'Angiolieri. Ma trovo soprattutto la ricerca di una cucina a impatto zero, dove i prodotti nascono nel territorio e finiscono nei piatti, in una specie di scivolo naturale. Dall'alto in basso. Si parte dalle stalle dove le mucche producono il latte da cui Fernando De Gennaro, il più piccolo di 54 nipoti di una dinastia di casari (dal 1850), trae i suoi indimenticabili formaggi, come il provolone del Monaco dop. Si scende alla Tradizione, il negozio di cose buone dove Salvatore e Annamaria De Gennaro, discendenti di norcini e casari, perpetuano la tradizione (appunto) di offrire prodotti genuini. E poi ecco gli orti dove lavorava la signora Carmela, mamma di Gennaro Esposito. «Certi sapori per me sono naturali, lei con un mazzo di broccoli e una patata preparava un piatto sconvolgente». E la discesa a mare si conclude qui, davanti alla spiaggia, ai piedi della torre che ora Gennaro, con la sua Vittoria, ha trasformato in un salotto accogliente dove ascolto la sua storia: apprendista pasticcere a nove anni, la scuola alberghiera, gli stage da Vissani e Ducasse fino all'avventura del Saracino («e non saraceno, per via della canzone di Carosone») dal 1991. La sua strada è stata ed è quella della ricerca di pesci «poveri», di verdure locali, di sapori conosciuti ma sintetizzati da tecnica e fantasia, che lo portano a scherzare con l'ospite proponendogli, ad esempio, i vermicellini con zuppa di vongole, carpaccio di gamberi e parmigiano Vacche rosse per ironizzare sui turisti che buttano il formaggio sui frutti di mare. Indimenticabile, come la cipolla caramellata con fonduta di provolone del Monaco e tartufo bianco o la zuppa di tarallo di Agerola, conserva di pomodoro e varietà di pesce azzurro o la minestra di pasta mista con pesci di scoglio e crostacei. Più che una discesa è una salita in paradiso. (Roberto Perrone il Corriere della Sera)

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