martedì 4 gennaio 2011

Giusso, quel banchiere genovese alla conquista del Regno borbonico

Vico Equense - La bibliografia storica ed economica sulla penisola sorrentina ed in generale del Regno delle Due Sicilie si è arricchita grazie al volume Un Genovese a Napoli di Francesco Giusso di un nuova interessante voce. Le oltre 250 pagine del libro edito da Franco Di Mauro, con varie immagini d’epoca, alcune inedite con foto del Castello Giusso di Vico Equense, fanno rivivere l’avventura umana ed imprenditoriale di Luigi Giusso (1784-1859), Duca del Galdo, un genovese sbarcato a Napoli nel 1808 e che con innovativo spirito imprenditoriale seppe raggiungere le vette finanziarie del Regno fino a meritare, per la sua intraprendenza, l’ascesa ai titoli nobiliari. Questi furono concessi prima da Papa Pio IX nel 1853, con il titolo di Conte, e successivamente nel 1857 da Ferdinando II, con quello di Duca del Galdo, inerente l’antico feudo dell’area di Sicignano degli Alburni, località di cui Luigi Giusso detenne il castello medioevale, poi donato al comune salernitano nel 1984 dal suo discendente Giannandrea Giusso. Il volume ha come appendice l’albero genealogico della famiglia Giusso, le cui tracce nel tempo risalgono alla prima metà del XVI secolo a Varese Ligure, centro collinare dell’entroterra genovese. Francesco Giusso, già autore nel 2007 del volumetto Il castello di Vico Equense, nella parte iniziale della sua ultima ricerca storica delinea l’arrivo a Genova dei suoi avi, che nel capoluogo ligure si dedicarono con successo all’attività commerciale del cotone. Da Genova il ventiduenne Luigi, secondogenito di Girolamo Giusso, dopo un soggiorno a Livorno sbarcò a Napoli dove in pochi anni, con l’aiuto dell’amico Carlo Forquet socio nella azienda «Forquet e Giusso», divenne un punto di riferimento per le attività commerciali, industriali, bancarie di tutto il Regno delle Due Sicilie. Tra gli interessi molteplici di Luigi Giusso, da segnalare soprattutto il commercio di olio, esportato anche all’estero dai porti pugliesi, senza tralasciare le attività industriali come la fabbrica di zucchero derivato da castagne, aperta a Napoli nel 1812, e poi a seguire le filande a Vico Equense e le vetrerie nel salernitano. Dove però l’imprenditore genovese (di cui Francesco Giusso descrive le complesse vicende familiari ed i due matrimoni) eccelse fu il campo finanziario, dove emerse come uno dei banchieri più intraprendenti e lungimiranti dell’epoca. Fu tra i sostenitori dello sviluppo della rete ferroviaria nel Regno, con la sottoscrizione di numerose azioni delle linea Napoli-Castellammare-Nocera. Nel libro Francesco Giusso riporta l’amara constatazione del suo bisnonno che, in una lettera del 1846 indirizzata ad un corrispondente di Firenze, così descrive la scarsa intraprendenza dell’elité economica partenopea: «I capitalisti, banchieri e negozianti di Napoli sono assolutamente alieni da qualunque intrapresa industriale, persino la bellissima e utilissima strada ferrata da Napoli a Nocera non trova compratori di azioni a Napoli». Significative anche le pagine dedicate alle attività dei cantieri navali della costiera sorrentina, con numerose imbarcazioni di cui Luigi Giusso era socio tra gli armatori, ed alle principali dimore in cui visse l’imprenditore ligure, tra cui palazzo Giusso a Napoli, dal 1932 sede dell’Università L’Orientale, e a Vico Equense: l’ex eremo di Astapiana, acquistato nel 1822, e il Castello, acquisito nel 1837, dove il ricco proprietario ricevette le visite di ospiti illustri come Leopoldo II Granduca di Toscana. Un Genovese a Napoli si conclude con la narrazione della fine del Regno delle Due Sicilie e una descrizione delle attività degli eredi maschi del banchiere ligure, tra i quali il celebre conte Girolamo Giusso (1843-1921), sindaco di Napoli negli anni 1878-1883 e ministro nel 1901 del Regno d’Italia. (Umberto Celentano il Mattino)

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