La scuola è ripresa dopo il lungo periodo di chiusura Covid. Siamo ritornati nelle nostre aule. Ci mancava il gruppo classe, il luogo dove si cresce e si matura passando dall’essere bambini ad adulti senza accorgersene. Ci mancava l’aula impregnata di gessi, ricca di voci, talvolta chiassosa. E ancora il contatto, lo sfogliare i quaderni, i libri, i dialoghi, le spiegazioni, le risate, la continuità, il confronto, i vari momenti della lezione, gli obiettivi da raggiungere che rendono il tempo, trascorso al suo interno, unico. Il rapporto umano è alla base di ogni crescita, se manca tutto diventa più freddo e incomprensibile. In questi mesi durante i quali ci siamo dati molti surrogati per illuderci di vivere come prima, la scuola ha spento la sua energia. Negli edifici è sceso un silenzio al posto del suo naturale fermento. Gli schermi sono diventati le nostre aule, dove insegnanti e alunni, attraverso le voci e le immagini, riprendevano quella continuità e voglia di esserci a tutti i costi. Abbiamo alimentato il rapporto, abbiamo cercato di abbattere la solitudine e vincere la depressione. Gli attori per dirsi scuola c’erano, le famiglie anche, ma c’erano anche le voci delle nostre case, i pigiami in bella vista e gli sbadigli mattutini. E c’erano i caffè che sbucavano mentre si spiegava, si parlava, si correggeva. Ma è la classe il vero campo di battaglia della scuola, dove ogni giorno accadono fatti, si vivono esperienze, s’imparano lezioni didattiche e di vita.
Gli alunni si incontrano e si scontrano, si confrontano e si affrontano. Una vita a loro misura che insegna a crescere, a relazionarsi e in tutto questo c’è spazio per imparare, apprendere e progredire. E’ il luogo dove nascono i progetti, si accende l’entusiasmo, si provano emozioni, un organismo che vive di vita propria. Ne è passato di tempo dalla descrizione della vita di classe narrata nel libro Cuore di Edmondo De Amicis, 1886, che tutti abbiamo conosciuto. Quante lezioni prese da quel testo. Garrone, Franti, Bottini, Crossi, Derossi, non sono calciatori, ma i protagonisti che lo hanno animato, oltre ai personaggi dei racconti mensili. La scuola nasce con la legge Casati nel 1859 e il libro Cuore ne racchiude l’anima. Il romanzo è ambientato in una scuola di Torino subito dopo l’Unità d’Italia e narra le esperienze di un anno scolastico di una terza classe elementare. Per chi voglia capire le dinamiche di un gruppo classe, i momenti significativi dell’esperienza scolastica, questo testo offre materiale per ogni tipo di discussione. Quell’aula è la stessa di oggi anche in una scuola cambiata profondamente per ispirazione, contenuti e caratteristiche. Ci sono lezioni che non finiscono mai di insegnare e libri sempre attuali. La scuola è un mondo di cui veniamo a far parte, una zona propedeutica e ineludibile che tutti devono attraversare. Ogni rapporto può diventare freddo se lo deleghiamo alla distanza, quello vero ha bisogno di contatto diretto, dei sensi, dell’empatia, dei sentimenti, che in rete restano imbrigliati. I cambiamenti vissuti in seguito alla pandemia assumono sempre più la volontà di voler delegare alla tecnologia la parte vitale della scuola, un modo per trasferire in rete quello che non si riesce più a mantenere in presenza. Sottesa a questa l’idea quella che la tecnologia possa risolvere il caos e le problematiche che la scuola vive da sempre e che non si sono mai risolte del tutto. E’ un po’ come abdicare al ruolo di insegnante e sostituirlo con qualcosa di indefinibile che viene preso per avveniristico. La funzione docente viene espletata attraverso il dialogo, un relazionarsi continuo mentre in rete diventa orfana di qualcosa. La forza della scuola è il rapporto umano prima ancora dei contenuti, di avere un ruolo formativo e di erogazione di saperi. E’ vero che la DaD deve essere il famigerato piano B, ma non può assolvere a tutte le funzioni della scuola. Tra le righe del libro Cuore si legge: "I tuoi libri sono le tue armi, la tua classe è la tua squadra, il campo di battaglia è la terra intera, e la vittoria è la civiltà umana”, riferendosi all’alunno visto metaforicamente un soldato.
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