mercoledì 11 agosto 2010

Circum, in viaggio con la paura

Sono i treni della paura, dal colore incerto con nuances che vanno dal rosso della ruggine che li sta divorando al grigio quasi smolecolato delle lamiere tenute insieme da generose dosi di vernice speciale utilizzata come se fosse mastice. Che si spacca e si sbriciola come un biscotto raffermo dopo uno, due, massimo tre frenate. Le guarnizioni che tengono uniti i vagoni sono sforacchiate e ricordano i convogli costretti a farsi largo nei teatri di guerra. È la Circumvesuviana, la ferrovia storica della regione. E la più antica: 120 anni e dimostrarli tutti, anche qualcuno in più. La macchia più recente è l’incidente di venerdì scorso, un morto e 58 feriti, responsabilità frettolosamente scaricate sul macchinista, tuttavia la Procura ha acceso i fari anche sulle presunte omissioni dell’azienda in termini di sicurezza. Ci sono esposti e denunce che potrebbero fare luce sugli ultimi tre lustri di investimenti, soldi a palate, con il risultato che si viaggia su di una linea per lunghi tratti monobinario e vecchia, molto lontana dagli standard europei. Nonostante i nuovissimi Etr costati la bellezza di 103 milioni i quali coprono tratte secondarie, quasi a volerli nascondere, ma proprio uno di questi è stato coinvolto nell’incidente. «Treni che si stanno divorando i binari, pesano 14 tonnellate in più di quelli scalcagnati. Ecco perché non vengono impiegati su tutta la tratta», racconta Fausto, macchinista iscritto all’Orsa, un duro e puro da 30 anni sui treni. «Non è un caso - insiste - l’incidente? Forse ha colpa anche il mio collega, ma quei treni non sono adatti alla nostra ferrovia, i binari dove passa l’Etr sono tenuti insieme da ganasce di legno». L’incidente è il fantasma che si tocca, si sente quando si varca l’ingresso della stazione di Porta Nolana, il terminale. Ne parlano i macchinisti. Ne parla la gente che sale su quei treni non più solo con la gioia di chi si reca al mare o in Costiera per una gita, ma con la paura di non arrivarci incolume. Sono le dieci, la meta da raggiungere è Sorrento. Per arrivarci una ventina di fermate, la metà portano i nomi delle spiagge più suggestive della Campania: Pozzano, lo Scrajo passando per Seano, Vico Equense, Meta eccetera. Si parte col treno vecchio - quello arrugginito che da più di 20 anni sbuffa e si scolla e viene rimesso insieme per una sorta di miracolo quotidiano - surriscaldato come una lattina abbandonata al sole di agosto con posti a sedere e con centinaia di passeggeri già in piedi. E non siamo ancora arrivati a piazza Garibaldi, qui il treno si gonfia di pendolari del mare, il caldo si fa asfissiante e il cattivo odore è nauseabondo. I turisti stranieri sono sconsolati. I napoletani soffrono e non fanno altro che parlare dell’incidente, ad ogni scambio, ad ogni stazione, ad ogni sussulto un lampo di paura. E quando il capotreno col citofono annuncia che la «Circumvesuviana augura buon viaggio» sembra quasi una presa in giro. «Impossibile farsela a piedi, quindi si prende il treno» raccontano con filosofica rassegnazione. E allora il trenino va. E le tappe del mare si trasformano in una sorta di calvario. Sale il tossicodipendente che scruta la situazione stranieri, quindi la banda dei nomadi: uno suona la fisarmonica, altri due i tamburi, quindi la chitarra. Un concerto durato 15 minuti! Quindi i vandali che rompono quello che già a stento si tiene attaccato. E il personale di bordo? Semplicemente è impegnato a guidare un treno con oltre mille persone a bordo. Nemmeno il controllo del ticket è stato effettuato. «Questi treni non dovrebbero viaggiare - racconta ancora Fausto - ogni giorno forniamo un dettagliato rapporto della situazione. Dalle guarnizioni rotte al sistema di frenatura. Ma dall’azienda ci dicono che non si possono fermare i convogli. Serve viaggiare per fare cassa. Gli stipendi questo mese ce li hanno pagati con dieci giorni di ritardo». Il capitolo dei pezzi di ricambio è da brividi. All’altezza di Pomigliano c’è un cimitero di vecchi treni. Convogli che hanno anche 25-30 anni di attività. «I pezzi di ricambio - spiegano ancora i macchinisti - vengono presi da questi cimiteri, già sono vecchi e quindi si rompono subito. Parlano di sicurezza, può essere mai questa la sicurezza per i lavoratori e per chi viaggia?». Un contrasto stridente con gli investimenti fatti per il nuovo Etr. L’arrivo alle stazioni del mare è una liberazione, dal caldo e dal cattivo odore tuttavia più si sfolla il treno e più si notano le magagne dei treni. Sediolini non fissati a dovere, giunti e bulloni delle porte addirittura segnati dall’usura, lampade fulminate. L’arrivo a Sorrento, l’altro capolinea, segna il cambio dell’equipaggio, al ritorno però Fausto c’è ancora. E il viaggio si fa in cabina. Stretta e angusta dove spicca un monitor da quindici pollici con tanto di telefono fisso. «Ecco - spiega mentre tra una frenata e l’altra fa notare i punti critici della linea - questo è un altro bluff. I telefonini sono aziendali e ce li hanno dati perché il cosiddetto ”terra-treno” collegato al monitor è nove volte su dieci guasto. Noi possiamo comunicare con la centrale e sapere l’impegno della linea solo con il cellulare di servizio. Se non rispondiamo è una omissione». Il treno sfila via - si fa per dire - e man mano che si avvicina a Napoli incrocia altri cimiteri di vetture dove vengono pezzi di ricambi già abbondantemente usurati. Il pensiero va al chiodo fisso dell’incidente e al nuovo Etr che i macchinisti hanno ribattezzato «’o scarrafone», ovvero la blatta. In prossimità di Porta Nolana ce ne sono tanti parcheggiati e impolverati. «Quei treni nuovi non ci servono, sei ore appena di corso per imparare a guidarli, praticamente nulla. Siamo sicuri che sia stata la velocità eccessiva a provocare l’incidente o piuttosto a causare il sinistro non è stato il peso eccessivo del treno su di una tratta dove ci sono sempre lavori in corso?». Finisce il viaggio, mezz’ora di pausa, il tempo di un caffè e una sigaretta. Poi si ritorna in vettura. «Se si blocca il treno in mezzo alle campagne per sbloccarlo devo uscire dal finestrino o rompere i vetri e farmi aprire col chiavino da un passeggero. Altrimenti si resta in panne». (Luigi Roano il Mattino)

Tragedia Circum: muore uno dei feriti
Dimesso con alcune fratture, era in casa

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