venerdì 1 giugno 2018

A Vico Equense, il 3 giugno 2018, la Pizza a Metro (l’ Università della Pizza) festeggia i primi 50 anni di attività in Via Nicotera

50 chef stellati, invitati da Gennaro Esposito, offriranno una cena da sogno

di Salvatore Ferraro

Vico Equense - Sono trascorsi 50 anni (dal febbraio 1968) da quando furono inaugurati a Vico Equense, in Via Nicotera, gli imponenti e moderni locali, in cui Luigi (Gigino) Dell’Amura ed i suoi sette figli (Antonio, Francesco, Carlo, Giulio, Rosa, Mario e Lucia) avrebbero continuato a svolgere con intraprendenza, laboriosità e fantasia un’attività, che era iniziata alla fine del 1800 nei modesti locali di Via S. Sofia. Data la mia età (sono nato nel 1937) e vissuto sino al 1967 in Via Roma, mi è grato ricordare che lungo questa via esistevano le panetterie di Alberto Astarita (e donna Giulia), dei Gargiulo e di Antonio Dell’Amura, che aveva sposato Rosa Caccioppoli nel 1894, da cui erano nati cinque figli (Giuseppe, Fortuna, Annunziata, Ciro e Luigi). Sarà proprio Luigi Dell’Amura (detto Gigino) che si impegnerà con i suoi genitori in un piccolo forno rilevato da un originario proprietario immigrato, esistente nel fabbricato dei De Gennaro, ubicato tra Via S.Sofia e Via Roma. Gigino, nato nel 1903 da una famiglia dedita alla confezione di pane e biscotti, si sposò nel 1933 con Concetta Cilento e per oltre 40 anni si dedicò con i figli(specialmente con Antonio, recentemente scomparso) all’attività della panificazione e della ristorazione nel giardino annesso, ora diventato una piazza. Gigino da piccolo aveva fatto esperienze profonde ed acquisito speciali conoscenze sulle farine, sull’impasto per pane e biscotti e sul modo di confezionare una modesta e saporita pizza.


A 13 anni, ricorda suo figlio Francesco, aveva già responsabilità nel piccolo panificio artigianale di suo padre, lavorava notte e giorno con gli operai, operaio tra gli operai, mangiava con essi, dormiva dove capitava (su panche o su sacchi di farina). Uomo schivo, privo di presunzione, sempre seduto a cavalcioni fuori dal suo locale nei brevi momenti di relax, accompagnato sempre dal suo fedele cane, era di corporatura alta, robusta, pieno di vigore, abbronzato dal fuoco; le sue mani erano ampie, grosse, pesanti, atte a lavorare l’impasto a lungo e con arte(ricorda l’avvocato Francesco in una poesia: Cento anni sono già/dei tuoi giorni/lunghi ed antichi/condotti tra impasti/di acqua e farina/per chi povero/pane non ebbe/per infame destino.). Gigino, lo ricordo bene, espletava con velocità qualunque lavoro, una nuvola di farina imbiancava spesso se stesso ed i suoi operai, con i vari ritagli sopravanzati dopo la cottura del pane da distribuire ai vicani o forestieri preparava una lunga pizza, che veniva tagliata in vari pezzi e distribuita agli operai ed agli avventori. Un prodotto umile, semplice, artigianale, diventerà a sua insaputa un capolavoro di arte culinaria, diffuso in Penisola Sorrentina in Italia e nel mondo. Il suo locale incominciò ad essere frequentato non solo dai locali, ma anche dai primi turisti e dalle personalità che sostavano al castello Giusso o erano di passaggio. Carlo Zecchi, famoso musicista, gli dedicò una foto con dedica: “A Gigino Dell’Amura, per le pizze insuperabili e sovraumane, delizia dello stomaco, dell’odorato e della vista”. In fondo la pizza, ormai famosa nel mondo era formata da semplici elementi: acqua, farina, olio, pomodori e basilico. Gigino forniva a tutti pizze, tagliatelle, gnocchi, pasta, zucchero, carbonelle, era sempre disponibile notte e giorno, dava il pane a tutti, spesso senza ricevere soldi (allora durante la guerra, si riscuoteva a distanza, ogni famiglia aveva un libretto in cui il venditore annotava la spesa effettuata). La pizza spesso veniva preparata all’aperto, lungo Via Roma, all’incrocio tra S.Sofia e Via Roma, dove ora si trova il locale del barbiere Esposito. Su un lungo tavolo di legno erano situati i vari ingredienti ed Antonio, il figlio maggiore, procedeva a stendere l’impasto e ad arricchirlo. Davanti ai passanti ed ai turisti attenti Antonio ed i suoi fratelli facevano volteggiare più volte in alto, tra una nuvola di farina, la lunga pizza, che​ scivolava ben presto nel forno retrostante che già rosseggiava. La “pizza a metro” ormai si era imposta all’attenzione generale, aveva superato la prova definitiva e ben presto, su consiglio di giornalisti e di turisti italiani e stranieri, che negli anni Sessanta si diffondevano per Vico Equense e la Penisola Sorrentina, la famiglia Dell’Amura ottenne dal Ministero dell’Industria e del Commercio il brevetto per il marchio d’impresa (Pizze a metro), rilasciato il 19 Dicembre 1960, cercando in tal modo di opporsi a tutti coloro che invano ma astutamente cercavano di contrastare l’invenzione di Gigino Dell’Amura. Qualcuno si domanderà come sia nata quest’espressione “pizza a metro”, ormai nota in tutto il mondo. Carlo Infusino, un giornalista del “Corriere di Napoli”, ha ricordato in un articolo del 1971 ( Un vestito di... pizza ) che Antonio Dell’Amura gli raccontava che il tutto era avvenuto per caso una sera di primavera per merito di due stranieri rimasti sconosciuti. Si erano seduti ad un tavolo del ristorante ed al cameriere che chiedeva che cosa desiderassero mangiare avevano chiesto la pizza. I due tedeschi in un italiano approssimato precisarono di volerne trenta centimetri ognuno, facendosi una bella risata. Il cameriere, sorpreso da tale richiesta, la riferì ad Antonio, che ben presto si apprestò a preparare la pizza, misurandola con il metro. Era nata così, venti anni prima (nel 1950) la “pizza a metro”, che veniva tagliata in vari pezzi e gustata. Gli ingredienti per molti anni furono quelli tradizionali, ora la pizza viene effettuata in molti modi: con salsiccia, con champignon, con pomodorini, con prosciutto, con crocchette, con porcini... . Ma la pizza più famosa e prelibata rimane sempre quella “classica” elaborata dalla famiglia Dell’Amura, che ha il merito per questi ultimi 50 anni di averla difesa e propagandata. Nel 1968 i fratelli Dell’Amura lasciavano i vecchi e modesti locali di Via S.Sofia e si trasferivano in Via Nicotera in una modernissima struttura, realizzata, su progetto dell’arch. Giorgio Scialdone, dall’ing. Bruno Astarita di Sorrento e dall’imprenditore Francesco Pane di Piano di Sorrento. A distanza di 50 anni si può dire che il progettista con grande professionalità, originalità e lungimiranza seppe prevedere ed interpretare il futuro della Pizza a Metro . La struttura, diretta oggi da Giovanni Rivieccio e dai fratelli Dell’Amura (sono scomparsi recentemente Antonio e Giulio), è in grado di ospitare 1600 persone tra il piano terra ed il primo piano, avvalendosi di circa 80 collaboratori. La realizzazione delle pizze, infornate in 4 forni a legna, e la cottura dei cibi avvengono in due ampi ambienti a vista d’uomo e protetti da vetrate, che permettono ad ogni visitatore o avventore di rendersi conto di ogni operazione culinaria, con grande interesse, sorpresa e attenzione. Un giardino all’aperto, una sala per cibi da asporto ed un ampio parcheggio rendono la sosta piacevole e gradita in questi locali ampiamente luminosi e confortevoli, tali da offrire i cibi più vari a singoli avventori, a convegnisti e a famiglie. Durante la costruzione di questo imponente edificio (definito la “cattedrale della pizza a metro”) tra maggio e giugno 1966 si procedette ad uno scavo archeologico, il più importante di tutta la Penisola Sorrentina. Nel corso dei secoli passati erano avvenuti proprio lungo Via Nicotera interessanti rinvenimenti ( per lo più di singole tombe o iscrizioni sepolcrali) e solo pochi reperti furono acquisiti dallo Stato ed entrarono nel Museo Archeologico di Napoli: altri oggetti (per lo più magnifici vasi attici) furono venduti all’estero. Allora avevo circa 30 anni ed insegnavo lettere classiche nei licei; da anni sorvegliavo le nuove costruzioni di Vico Equense quale Ispettore onorario per la conservazione dei monumenti e degli oggetti di antichità e d’arte per la provincia di Napoli. Attendevo con impazienza lo scavo in questo ampio giardino della famiglia De Gennaro, acquistato dai Dell’Amura, e pertanto sorvegliavo i lavori. Con la collaborazione della Sopraintendenza alle Antichità di Napoli, in special modo di Alfonso De Franciscis e di altri esperti (anche degli studenti e dei cittadini), si scoprirono nell’area 134 tombe con circa 573 oggetti (dal VII sec. a.C sino all’età romana ), che testimoniavano il ricco patrimonio archeologico di Vico Equense, ormai noto in tutto il mondo scientifico. Domenica prossima, 3 giugno 2018, alle ore 19, grazie all’intraprendenza ed alla competenza dello chef Gennaro Esposito si festeggeranno i 50 anni (1968-2018) dei nuovi locali della “Pizza a Metro” e saliranno in cattedra circa 50 chef stellati, che si sfideranno a colpi di alta cucina, dividendosi in “brigate” per dare vita ad una vera e propria “lezione magistrale” che gli ospiti difficilmente dimenticheranno. Sono disponibili 250​ posti con una donazione minima di 150 euro, che saranno destinati alle associazioni onlus. Inoltre, alla fine di giugno sarà collocato all’esterno della pizzeria un busto in bronzo di Luigi Dell’Amura, inventore della “Pizza a Metro”, uomo laborioso, che seppe agire, come è stato ricordato, “con fede, amore, acqua e farina”.

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