lunedì 5 novembre 2007
Dal burro a Céline, l’alfabeto di Saviano in tv
«Ma raccontare è pericoloso?», chiede Fabio Fazio a Roberto Saviano durante la trasmissione «Che tempo che fa», in onda ieri sera su Raitre. Lui, lo scrittore-rivelazione che il New York Times ha ribattezzato «il Rushdie italiano», si prende una pausa brevissima. Poi risponde, come sempre, in modo diretto: «La pericolosità delle parole spetta solo al lettore. È il lettore che decide tutto...». Venti minuti in diretta. Intensi come le pagine di «Gomorra». Milleduecento secondi per svelare l’alfabeto di camorra e malaffare. Da Céline - che amava ricordare che «ci sono due modi di fare letteratura: fare letteratura o costruire spilli per inculare le mosche» - al burro cancerogeno che i casalesi piazzavano oltralpe, alle grandi aziende dolciarie; dall’impegno a divulgare, pagato con la vita da Anna Politkovskaja, ai resti tossici della Moby Prince, smaltiti in una discarica abusiva campana. Per arrivare a come si dovrebbe combattere ogni crimine organizzato: «Cambiando le regole dell’economia, blindando veramente gli appalti». Alla fine, l’invito di Fazio a tornare ancora. Per spiegare i segreti della camorra.
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