mercoledì 28 aprile 2010

Look…

Tra i tanti problemi che attanagliano la vita del povero Bersani, adesso ci si mette anche il look. L’ex direttore della Stampa Marcello Sorgi scrive. “ Sembrerà strano, per un uomo politico che ha svolto la parte più importante della sua carriera nella Seconda Repubblica, ma uno dei problemi di Bersani rimane il look. Bersani era ed è perfetto quando appare in veste ministeriale, vestito scuro e cravatta, e quando entra nel merito di problemi che mostra di conoscere approfonditamente, come quelli dell’economia del Paese di cui s’è occupato a lungo quando era al governo. Lo è meno nell’abito, ancora forse da disegnare, di leader. Non ha, per intenderci, l’autorità cattedratica fasciata da giacche di sartoria napoletana di D’Alema, forse l’ultimo ad incarnare la figura del «segretario generale» che Vasquez Montalban descriveva sempre assiso «sul baldacchino invisibile su cui sedevano tutti i capi comunisti del mondo». Non ha la familiarità casual di Veltroni, né la capacità di rivolgersi ai giornalisti chiamandoli per nome e creando subito un’atmosfera informale. Nè ha la sofferenza di Fassino, la figura esile accompagnata da un viso scavato e da un’inconfondibile calata piemontese che lo facevano sembrare sempre uscito da una giornata di duro lavoro in fabbrica. Bersani, è evidente, sta cercando di costruirsi una personalità nuova. Funziona bene nel contraddittorio e in genere nel talk-show serali, dove il passato da ministro gli consente di contestare i suoi dirimpettai e snocciolare dati con una certa credibilità. E’ ancora incerto, invece, nella comunicazione in prima persona, per esempio nell’appuntamento quasi quotidiano con il Tg3, dove spesso adopera troppo con gli avversari l’ironia, dando la sensazione di non aver molti argomenti per controbattere; o nelle interviste, anche in quelle stampate sui giornali. Tutto ciò è aggravato da un uso scombinato dello stile scravattato (per esempio, quando si vede bene che il colletto annodato fino a un momento prima è stato slacciato a favore di telecamere), o semisportivo (abiti interi, magari stazzonati da lunghi tragitti in automobile, scarpe classiche e camicie colorate). Sempre meglio di certe imbarazzanti imitazioni di Berlusconi da parte di esponenti secondari del centrodestra. E tuttavia, Bersani farebbe male a trascurare questo aspetto. Quando Gordon Brown prese il posto di Tony Blair, un leader che aveva rotto i canoni della tradizione laburista anglosassone celebrando lady D. e preferendo le rock-star alla gente del suo partito, a porre il problema del nuovo leader arruffato e con il nodo della cravatta in disordine, furono giornali come il Guardian e l’Independent. Brown alla fine se n’è fregato e ha recuperato puntando sulla sostanza e affrontando bene, a detta di tutti, la crisi economica degli ultimi tre anni. Ma appunto, era al governo. E se non vincerà, com’è possibile, le prossime elezioni, di sicuro sarà criticato più per la sua bruscaggine o il suo fare goffo nei faccia a faccia decisivi di questi giorni, che non per l’efficacia della sua azione di governo.”

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