martedì 30 gennaio 2018

La fatica di crescere

di Filomena Baratto

Vico Equense - I ragazzi emulano sempre più i grandi soprattutto nei loro cattivi esempi, atteggiandosi come i modelli di riferimento del mondo della canzone, della realtà e del loro immaginario e riproducendone anche atteggiamenti violenti, per sentirsi grandi in questa fase di crescita tra le più difficili da attraversare. In assenza di una figura genitoriale forte, l’emulazione si anticipa di molto. Il genitore preferisce il ruolo dell’amico, si mostra permissivo per non creare dissapori, per accontentare i figli come se bastasse assecondarli. Essi passano da una figura che opprime, autoritaria a un’altra che lascia a desiderare, perché svuotata del suo significato. Sono fragili figure che pensano di essere all’altezza del ruolo per stare dalla parte dei figli, giustificandoli a prescindere, anche quando andrebbero redarguiti. Devono dividersi tra la famiglia, i sogni, la carriera, e i progetti e, dal momento che la tecnologia esercita sui ragazzi un processo educativo distorto ma rapido, si sentono impotenti e li lasciano fare, credendo che siano ormai grandi. Ma prima ancora che genitori è la coppia che a volte scoppiata perde quel cemento per essere genitori autorevoli. Anche le coppie più giovani spesso mostrano rigidità e ignoranza e la giovane età non li preserva da fallimenti e difficoltà di approcci, attuando metodi educativi empirici, per niente efficaci, basati su comportamenti deboli, proponendosi come amici dei figli.
 
Secondo l’etologia e la psicoanalisi, il gioco e le fiabe sono intesi come dispositivi di elaborazione dell’aggressività che, in questo periodo, rappresenta il suo culmine. Per le istituzioni pedagogiche, l’educazione all’aggressività non sta nella sua inibizione, repressione o negazione, bensì nella possibilità di manifestarla e controllarla in forme non nocive. Sin da piccoli bisogna esercitare le forze interiori in processi catartici come possono essere l’utilizzo delle fiabe e del gioco simbolico e crescendo, integrare con attività che danno un percorso educativo a tutte quelle emozioni e stati d’animo che possono ritenersi nocivi per la sua formazione. Successivamente il dialogo è un buon metodo per aiutare il ragazzo a tirare fuori quello che lo opprime, evitando così di covare dentro rancori e permettere di far crescere la stima di sé. I moderni genitori non hanno più tempo per giocare, per raccontare fiabe, per dialogare, per andare a cinema con i figli, per costruire insieme. Si sottraggono come se fosse una perdita di tempo. Ai figli di oggi manca una figura autorevole che eserciti un buon controllo, che sappia ascoltare e dialogare, dia esempi e sia d’aiuto. Lasciarli a cavarsela da soli, non garantisce l’ingresso nell’età adulta, così come fare confronti col passato non ripara da critiche. La famiglia di oggi è una famiglia fredda, isolata, dove ogni persona vive per se stessa. I genitori oggi sono disorientati, il mondo intorno gira vorticosamente e sono sempre impreparati di fronte a quante cose possono accadere senza il loro consenso. Si chiede alla scuola di educare mentre ci si dimentica che il suo ruolo principale è quello d’istruire e che poi l’istruzione, per essere impartita, abbia bisogno anche dell’educazione, è un dato di fatto. D’altra parte se la famiglia si è sfasciata con le sue parti spezzate e ricomposte, diventando allargata e poi riformata, dove il matrimonio è solo un’istituzione e la convivenza uno stato di fatto e non un bisogno, spogliandosi di quelle relazioni che una volta essa tesseva, questi figli non hanno alcuna certezza, tutto ai loro occhi si mostra precario. L’età che va dall’infanzia all’adolescenza è quella più importante della nostra vita: vede il formarsi della personalità dell’uomo, una metamorfosi completa, un bozzolo che diventa farfalla, dove il bambino stenta a uscire da un corpo non ancora adulto. Il processo adolescenziale è un continuum dal narcisismo primario dell’infanzia fino all’età adulta. Per Freud l’adolescenza è la “perdita dei legami oggettuali infantili”, per Erikson è “la conquista del senso di identità”. Il processo adolescenziale non è lineare, oscilla tra progressi, regressioni e deviazioni che segnano un percorso fatto di stati emotivi tesi, di angosce, tensioni e depressioni. Essa non si presenta mai, fino alla fine, come un distacco totale dall’infanzia, ma un tornare e ritornare al bambino che fino a poco prima rappresentava l’equilibrio e che invece deve venire fuori per lasciare il posto all’adulto. Questa lotta crea in lui scompiglio, disordine, a volte situazioni precarie e distruttive. E’ in questo periodo che il ragazzo si affida agli altri, li segue, li prende ad esempio. Crescere talvolta è una fatica e necessita di un ambiente sano per contrastare quello che non è adatto alla crescita. I genitori sono i primi a essere chiamati in causa in questo processo con la loro presenza, affetto, e soprattutto con gli esempi che nell’educazione sono più importanti delle parole.

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