di Filomena BarattoArrivo a Torino venerdì pomeriggio in una giornata assolata e afosa. L’hotel è dall’altra parte della
città. Il tassista mi informa delle varie manifestazioni in corso e mi descrive il centro mentre lo
attraversiamo. Resto incantata dai maestosi alberi allineati lungo le strade. Torino ha un ricco
patrimonio arboreo: olmi, aceri, bagolari, platani, tigli... Le chiome, appena appena scosse dal
vento, aprono leggermente i rami. Anche l’hotel si trova in un parco che contorna la struttura. Le
alte vetrate dell’ingresso rendono la hall luminosa e mi ritorna lo splendore delle cattedrali gotiche
con quel gioco di vetri a intercettare la luce divina.
Il giorno dopo sono al Salone. Fuori una fila interminabile attende l’apertura dei cancelli. Una volta
entrati, due agenti frugano nelle borse e negli zaini dei visitatori mentre si lamentano ad alta voce
di trovarsi a disagio a violare la privacy delle persone. Appena entro, telefono allo staff della mia
casa editrice dicendo di essere arrivata. L’appuntamento è a mezzogiorno. All’interno un andirivieni
di addetti alla pulizia, personale di sorveglianza, organizzatori. Mi avvicino ai primi spazi occupati
dalle case editrici e sfoglio dei libri, osservo, chiedo. Mi intrattengo con una libraia, poi un giovane
esordiente. Mi sento una formica in una vasca. Oltre ai libri osservo la struttura: immensa. Inizia il
mio viaggio meraviglioso. Dopo un paio d’ore, rientro allo stand della mia casa editrice per il
firmacopie. Molte le persone che incontro, diversi gli autori con cui parlo, di cui ascolto
presentazioni, storie, e ancora editori, conferenzieri, personaggi insoliti, persone conosciute che mai
avrei immaginato di trovare lì.
Un afflusso di gente che, col passare delle ore, si infittisce sempre
più. Non è possibile visitare la Fiera al completo in un solo giorno, le sale sono tante, gli incontri
pure, così i libri, troppi. Ho trovato testi che pensavo non pubblicassero più, scrittori dimenticati,
libri persi di vista... Una vera cura per la mente e lo spirito. Ho scoperto con piacere una casa
editrice di testi musicali, la LIM Editrice, con un’esposizione di libri riguardanti gli autori,
l’insegnamento della musica nelle scuole, i grandi, il canto, le sinfonie. Paganini, Mozart, Rossini,
Verdi, la cabaletta, l’overture, il canto gregoriano, autobiografie in fila, pronte per essere lette. Ho
impiegato molto a lasciare lo stand, non riuscivo a staccarmene. La tentazione è quella di sedersi a
leggere, segnare tra le pagine le frasi interessanti. Ma la fiera è fatta per correrci dentro, passare in
rassegna ogni meandro dei padiglioni, ogni stand espositivo, ogni casa editrice. E prende l’ansia di
non farcela. La struttura non offre posti a sedere, panchine o sala lettura. Molti visitatori hanno idee
precise e si fiondano presso determinate aree, sicuri di trovare quello che cercano. Altri, per non
portare il peso dei libri, passano una seconda volta ad acquistare o a ritirare. Due le criticità: pasti e
toilette. La coda di chi attende ai punti food invade anche gli spazi di passaggio. Non si fa in tempo
a scegliere al banco, che già ti mettono in mano lo scontrino per qualcosa di cui poi ti penti. La fila
per il caffè è inverosimile. I giovani siedono a terra, e lì riposano, mangiano, leggono. Consumo un
panino con zaino a spalla e un altro a terra in uno spazio ridottissimo. Molti relatori sgranano gli
occhi davanti alla folla e si affrettano a finire il pasto per ritornare ai padiglioni da cui provengono,
come se mangiare, lì tra i libri, fosse stato un anatema. Il signore alle mie spalle si scusa per
invadere il mio spazio ripetutamente, difatti se ci giriamo, possiamo confondere i panini e mangiare
l’uno quello dell’altra. E’ impensabile che una struttura così vasta offra poche oasi di ristoro. Nella
smania di non perdersi niente si incorre nel rischio di una visita veloce e approssimativa mentre si
dovrebbe seguire un itinerario e magari svilupparlo in più giorni.
Ho ripreso il mio giro. Osservo il passaggio dei visitatori con i loro sguardi meravigliati. Si
fermano, chiedono notizie dei libri che sfogliano, e dopo lunga chiacchierata vanno via. Altri
prelevano dalla schiera i libri come il calice dal tabernacolo, scrutano la quarta di copertina, passano
in rassegna alcune pagine su cui si soffermano e poi comprano. C’è chi non riesce a concentrarsi su
niente tanto è la varietà dell’offerta e chi minuziosamente entra nelle pagine come in un santuario.
I ragazzi sono i più curiosi, i bambini volano dietro alle mamme, trascinati come ciuchini
recalcitranti. Poi è la volta dei gruppi che passano, guardano, sostano, controllano e via. C’è chi
arriva sui libri come un disco volante che atterra per poi rialzarsi; chi invece cerca come se stesse
scegliendo la frutta al mercato: tocca il libro, lo rigira, lo posa, ne prende un altro e via così; chi fa
incetta di opuscoli a buon mercato e chi va alla ricerca del libro che non trova. Poi c’è il lettore
speciale che riesce a trovare il testo tra tanti. Con quale maestria lo estrae dal gruppo, lo pone sotto
il suo sguardo e lo osserva come chi ha trovato l’amato. Il Salone del Libro è un punto nevralgico
dell’editoria italiana, quest’anno alla sua 34esima edizione. Ad aprire il Salone lo scrittore indiano
Amitav Ghosh con una lectio magistralis sul clima, argomento del suo ultimo libro Jungle Nama , ma
anche dei suoi precedenti.
Pregevole lo stand della Sellerio, la grande casa editrice siciliana che ha allestito una mostra
fotografica con una quarantina di preziose immagini di Enzo Sellerio, un racconto fotografico che si
sviluppa dal 1952 al 1967.
Grande rilevanza, in questa edizione, è stata data al fumetto, molte le associazioni di solidarietà
come il volontariato. Tanti i momenti significativi, le trovate pubblicitarie, tra queste “libri al buio”:
un libro chiuso in carta regalo di cui non si conosce il contenuto.
"La forza del Salone del Libro di Torino sta nel mettere insieme lettori forti e persone che
comprano un solo libro l'anno, o neppure, è mettere al centro, con leggerezza, ma anche con
l'alta preparazione tecnica e scientifica degli interventi, la cultura, da sempre il terreno deputato
al confronto, oggi bene supremo da coltivare”. Così il direttore del Salone del Libro, Nicola
Lagioia, ai cancelli dell'Oval per l’apertura.
Pasolini, di cui abbiamo recentemente celebrato i 100 anni dalla nascita, scriveva “Puoi leggere,
leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai
arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell'esperienza speciale che è la cultura”. Il
messaggio è del presidente della Repubblica inviato al presidente dell’Associazione culturale di
Torino.
Il Salone è una grande esposizione dove si trova anche l’impossibile come Il bosco degli
Scrittori, un’area di 200 metri quadri al Padiglione Oval, uno spazio con più di mille alberi per
presentare, leggere, ascoltare conferenze. Idea della casa Editrice Aboca Edizioni che si occupa
di narrativa green . Ma il simbolo del Salone resta la Torre di libri, davanti alla quale ci si rende
conto di quanto la conoscenza sia infinita e della magia della lettura che ci manda in orbita senza
lasciare la Terra.
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