La pera a cioccolato del Ferragosto in Penisola Sorrentina: viaggio tra ricette, memoria e identità
di Antonino Siniscalchi - Il Mattino
Sorrento - Un frutto e un dolce in una simbiosi di cultura, identità, e, soprattutto, cuore. In Penisola Sorrentina, a metà agosto, diventa simbolo di festa, di casa, di tradizione, sono le peculiarità del la pera Mastantuono, piccola, profumata, dalla buccia sottile e dalla maturazione breve e preziosa. Intorno a lei ruota un’antica consuetudine gastronomica che si rinnova ogni anno nel periodo dell’Assunta, soprattutto nelle famiglie di Massa Lubrense, Sorrento, Meta, Piano e Sant’Agnello: la preparazione delle pere ripiene al cioccolato, un dolce della memoria capace di legare generazioni, sapori e stagioni. Le peculiarità le racconta, tra storia e leggenda, Maria Grazia Cocurullo nel libro “I dolci della domenica” con una ricetta che unisce tradizione, gusto e una buona dose di ironia popolare. Il profumo dolce e speziato delle pere Mastantuono ‘mbuttunate, che cuociono lentamente nel forno, farcite di bontà, pronte a diventare protagoniste delle tavole imbandite per la Festa dell’Assunta, consolidano i ricordi senza tempo. Maria Grazia Cocurullo, appassionata di cucina tradizionale e memoria popolare, spiega che «questo dolce prende vita con tutti i suoi profumi, i suoi colori e la sua storia, diventando simbolo di abbondanza e buon augurio». La pera Mastantuono, corposa, dolce, profumatissima, è il fulcro di questa preparazione, ma solo se raccolta al momento giusto, quando è ancora soda e non del tutto matura.
Questo la rende perfetta per essere svuotata e imbottita con un ripieno ricco e profumato, che varia da casa a casa, da borgo a borgo. La leggenda del pero “santo”. Maria Grazia Cocurullo introduce la ricetta con una gustosa storiella tramandata da Giovannina Salvo Irolla: racconta come la madre Angelina parlasse di un contadino deluso da un albero di pero che non fruttificava mai. Stufo, decise di tagliarlo e venderlo. Il legno finì nelle mani di uno scultore che ne ricavò una statua di Sant’Antonio, poi benedetta e posta in chiesa. Il contadino, vedendola, commenta sarcastico: “Io ti conosco, piro! E nun facevi pere, mo’ si’ Sant’Antonio e vuò fa’ ‘e grazie?” Una frase che, secondo tradizione, sarebbe all’origine del nome “Mast’Antuono”, e che ancora oggi si usa per definire chi si finge migliore di quel che è. Una ricetta ricca di storia (e di sapore). La versione di Maria Grazia Cocurullo è tra le più raffinate e complesse, espressione di una tradizione che ha saputo arricchirsi negli anni. La ricetta è stata riveduta e adattata da ricordi familiari, in particolare quelli della nonna paterna, che preparava le pere imbottite sia in versione dolce che salata, proprio nel cuore dell’estate. Il ripieno prevede un mix generoso di ricotta e zucchero, amaretti sbriciolati, pasta di mandorla, albume, cedro e arancia canditi, limone grattugiato IGP, gocce di cioccolato, pisto e cannella, il tutto profumato con limoncello. Le pere vengono svuotate, riempite con questo impasto e “richiuse” con la loro calotta. A completare la preparazione, uno sciroppo di cottura a base di vermouth, acqua e zucchero, che durante la permanenza in forno, a 170 gradi, penetra nella frutta esaltandone dolcezza e aromi. Il risultato è un dolce che può essere gustato così com'è o – per chi vuole osare – arricchito con una colata di salsa al cioccolato preparata con cacao, zucchero, latte, cioccolato fondente, cannella e un tocco di liquore. Un simbolo di Ferragosto e dintorni. Le pere ‘mbuttunate, oggi sempre più rare da trovare fuori dal contesto locale, raccontano l’estate sorrentina come pochi altri piatti: con la loro forma semplice ma il ripieno complesso, la loro stagionalità precisa, la loro aura popolare e familiare. Sono un dolce da festa, da cucine affollate, da “mani in pasta” e risate, da condivisione sincera. E mentre il frutto stesso – la pera Mastantuono – diventa sempre più difficile da reperire, aumenta il suo valore simbolico. Richiestissima nei giorni della celebrazione dell’Assunta, rappresenta un legame profondo tra cibo e memoria, tra religiosità popolare e ingegno contadino, tra la frugalità dell’antico e la ricchezza dei sapori. Con il suo libro, Maria Grazia Cocurullo non solo ne custodisce la ricetta, ma riporta in vita un patrimonio immateriale fatto di racconti, usanze, emozioni. Una cucina che è tradizione, ma anche identità, radice, affetto. E in fondo, come ogni vero dolce della domenica, anche le pere a cioccolato parlano di famiglia, di attese, di rituali che si tramandano. E di un’estate che, grazie a questi sapori, non finisce mai davvero.

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