giovedì 23 aprile 2009

Sergio Staino candidato con Sinistra e Liberta’

Bobo e Bibi si guardarono negli occhi con un’espressione visibilmente soddisfatta. “Bravo!”, dissero poi all’unisono. Quel “bravo” era rivolto al nuovo segretario del loro partito, Franceschini, che, con grande coraggio, aveva affermato la sua sostanziale non belligeranza nei confronti dell’uso del preservativo. Ma il tutto durò una frazione di secondo, finendo immancabilmente in un lungo e preoccupante silenzio. Toccò a Bobo romperlo: “Ma noi”, disse con tono mestamente retorico, “non eravamo partiti, tanti anni fa, da Wilhelm Reich?” Dalla totale, splendida e utopica libertà sessuale erano giunti, dopo alcuni decenni, a gioire perché il loro partito non seguiva il Pontefice sulla strada della criminalizzazione dei metodi di contraccezione. “C’è qualcosa che non va”, concluse Bibi. Anch’io, come i miei personaggi, penso da tempo che ci sia qualcosa che non va, che quell’idea che abbiamo chiamato Partito Democratico si sia arenata su una strada sempre più confusa e contorta. I motivi probabilmente sono molti, ma quello che oggi mi sembra il più importante è la concreta impossibilità di tener fede a quel presupposto che stava alla base dell’intera proposta: lasciare fuori dall’elaborazione politica del Partito le diverse concezioni filosofiche, marxista e cattolica, che caratterizzavano i gruppi proponenti la fusione, in quell’attitudine politica che abbiamo visto concretizzarsi praticamente una sola volta, nello splendido lavoro fatto da Rosy Bindi e Barbara Pollastrini sui “Dico”, e che poi abbiamo visto dissolversi al vento senza alcuna possibilità di recupero… CONTINUA

2 commenti:

Carlo Turco ha detto...

Non mi sembra una cosa seria! Proclamo appartenenza ad un partito ma lavoro per un altro; accetto di candidare qualcuno che proclama di aderire a un partito con il quale sono in competizione...
Ma dove siamo?
Al Bagaglino?!

Alberto Lupi ha detto...

Ha ragione Staino, ha ragione Carlo Turco. Ed hanno torto entrambi. pare una di quelle storie yiddish di Moni Ovadia. Il guaio e' la visione del partito come ideale del mondo, "Pace, pane. lavoro, progresso e libertà (poi seguiva "via il governo Colombo) e mia nonna in carriola": ossia quello che Arendt chiama (in contrapposizione con i partiti di tipo anglosassone, l'ideologia del partito politico “continentale” ( è vero che con quest'ultima categoria Arendt si riferisce soprattutto al sistema elettorale della Quarta Repubblica Francese, ma posiamo soprassedere). I primi essendosi evoluti contemporaneamente allo stato si configurano come gruppi d'interesse quindi intercambiabili nel ruolo di governo ed opposizione. I secondi – al contrario – come portatori di messaggi di redenzione – fatto che li porta ad una gestione del quotidiano minimalista, ed ad una non intercambiabilità generale, come s'è visto nei cambi destra sinistra dell'ultimo decennio. Nel nostro paese storicamente solo il piccolo partito Radicale si era posto in parte come portatore di interessi: divorzio, aborto, spinelli, ma senza mai definirsi tale. Al momento solo la Lega (fattore più importante addirittura di Berlusconi, nel rimescolamento senza fine della vita politica italiana) è l'unico partito giustificato non da una idea del mondo a venire, la sopraccitata attesa "socialismo, giustizia, pace, diritto dei migranti", o l'epifania di Rosy Bindi, ma da un sano attaccamento dei suoi elettori ai propri interessi: "Roma ladrona, tieni giù le mani dal mio portafoglio".