di Filomena BarattoIl bel tempo, le vacanze, le giornate lunghe, la possibilità di stare all’aria aperta, la luna di miele in posti caldi e assolati sono solo alcuni dei motivi per celebrare un matrimonio in estate. Sicuramente ci sono tanti vantaggi ma non per gli ospiti.
Si sceglie il pomeriggio illudendosi che faccia meno caldo. Ebbene, già all’arrivo davanti alla chiesa, gli ospiti iniziano a lottare col caldo. Pure i grilli e le cicale chiudono baracca vinti da un colpo di sonno. Intanto l’unico vento possibile è quello dei ventagli che si agitano spasmodicamente sotto i menti. I vestiti si attaccano addosso, i capelli perdono tono, la fronte, più che imperlata di sudore, diventa una zuppa. Le donne controllano, specchietti alla mano, la tenuta del trucco, gli uomini vorrebbero sciogliere il nodo “gordiano” alla gola ma la cravatta s’ha da tenere. Così tra una sbirciatina al panorama e un’altra agli ospiti passa il tempo ma della sposa nemmeno l’ombra. Qualcuno azzarda a entrare in chiesa per cercare un po’ di fresco, ma la wedding planner ricorda che non è tempo di sedersi: bisogna attendere la sposa all’esterno. Quando finalmente arriva, dopo più di un’ora di ritardo, parenti e amici, come una fila di condannati in un girone infernale, entrano in chiesa mentre la sposa fa il suo ingresso solo quando tutti sono ai loro posti. Con l’inizio della marcia nunziale partono anche le emozioni: il padre della sposa ha un po’ di tremore, i parenti tra i banchi cominciano a versare qualche lacrima dimenticando che ci si può anche scomporre, il fotografo avanza nella navata centrale come Brancaleone per assalire la poverina di foto ad ogni passo.
Per non parlare dello stuolo di paggetti e damigelle, tanti Cupidi appena scesi da un carro, che avanzano correndo e dispensando fiori e confetti mentre i rispettivi genitori, dai banchi, osservano i figli come se stessero sfilando su un palcoscenico. L’Ave Maria dà inizio alla santa messa. Le ospiti agitano sempre più i ventagli dando sollievo anche a chi sta loro vicino. La vera tragedia sono le scarpe: non potranno mai essere comode se sono nuove. Le donne con tacco dodici barcollano ma devono resistere, gli uomini camminano come imbalsamati nelle stringhe e tomaie dure che lanciano suoni strani al loro passaggio. L’ascolto della messa è spezzato da pensieri del tipo: quando sarà il prossimo momento per sedersi a dare sollievo agli arti inferiori. Gli sposi, invece, sono ipnotizzati dal sacerdote alle prese con i vari riti. La messa è la parte più difficile da sostenere: il caldo, l’alzarsi e il sedersi a ritmo di ogni cinque minuti, il sacerdote con una filippica senza fine. Spiragli di vento nemmeno a pagarli, nella navata centrale i bambini circolano come le macchinine della giostra e i genitori corrono a prenderli ma dopo due minuti eccoli che partono di nuovo. Intanto con un po’ di sforzo ci si appresta alla fine. Manca l’eucarestia, i confetti, l’applauso, la musica finale con tanto di foto sull’altare, droni sulla testa, calpestii e spintoni per salutare la sposa. L’uscita dalla chiesa è quanto mai un’azione lunga e laboriosa: prima i parenti, poi gli sposi avanzano lentamente, all’uscita il lancio del riso, gli amici con qualche trovata e infine la fatidica foto sul sagrato della chiesa, tutti insieme appassionatamente. Dopo vari tentativi per trovare la posizione giusta sulle scale, finalmente si giunge a una tregua in seguito ai ripetuti richiami del fotografo. Il clic è fatto e si può sciogliere la compagnia. Il caldo va all’assalto: le temperature sono più alte di quando si è entrati in chiesa. Adesso è d’obbligo che gli sposi vadano a fare le foto mentre gli invitati perdono tempo prima di arrivare al ristorante. E dopo un paio d’ore eccoli che arrivano. Ad attenderli la marcia nunziale, il brindisi e l’aperitivo. E sono appena le ore 21. E intanto gli invitati si proiettano già nel giorno dopo, sapendo di fare solo poche ore di sonno, avrebbero poi bisogno di un buon digestivo e magari, se fosse loro concesso, sarebbero lieti di avere un paio di ciabatte, tanto chi li sposta più dal tavolo per la stanchezza. Si avvicina il momento dell’antipasto, forse per le ore 22 ci si fa. Comincia la musica e incalzano i balli. Il caldo si attenua. La sequenza dei piatti è lenta e dopo tre primi siamo appena a mezzanotte. Intanto i capelli andrebbero ritoccati, il trucco è diventato a chiazze, gli uomini cominciano ad allentare il nodo alla cravatta. Il fotografo riprende a scattare a sorpresa, alla ricerca del momento peggiore da ritrarre: bocca aperta, occhi chiusi, mani che gesticolano… E iniziano le chiacchiere, gli spostamenti tra un tavolo e l’altro, gli sposi in giro tra gli ospiti. E partono i ricordi: il giorno in cui è nato lo sposo, quando si è laureato, il primo lavoro. Puntualmente incontri chi non ti aspettavi proprio mentre servono il secondo piatto. Chi dormicchia di qua, chi sbadiglia di là. Si continua con le portate e sei già colmo come una botte. Ripartono le foto a raffica, i droni girano manco fossero su Hiroshima e Nagasaki. Molti si sono ravvivati sapendo di essere ripresi. Siamo appena a mezzanotte e si comincia a ballare, quei balli di gruppo di cui non si conoscono mai i passi ma imperterriti si resta in pista tanto ballano tutti. E non si sa se mangiare o ballare. I nonni si lamentano del chiasso che arriva dalla consolle in un angolo della sala, ma ad abbassare i toni nemmeno a pensarlo. Lentamente si mangia un altro secondo. La stanchezza prende piede, le palpebre avrebbero bisogno dello scotch per essere attaccate: cedono maledettamente verso il basso. La madre dello sposo ti chiede se va tutto bene e tu le rispondi tutto ok all’una di notte. Manca ancora un altro secondo che arriva in calcio d’angolo, verso l’una e mezzo, prendendo tutti alla sprovvista. I tavoli sono diventati depositi o tende d’accampamento: ci trovi di tutto. Molti cambiano posto, perdono i piatti, chi continua a mangiare e chi ha deciso di finire lì la cena. Parte l’ultimo sforzo e già pensi al digiuno terapeutico del giorno dopo, anche se poi l’indomani mangi più della serata in corso. Quando finalmente alle due e mezzo o giù di lì vedi la torta, felice, credi di apprestarti alla fine. Per niente. Solo per decidere dove posizionarla per le foto, il maitre di sala e i camerieri spendono dalla mezz’ora ai tre quarti d’ora. L’aria della notte arriva addirittura a infreddolirti le spalle e vai alla ricerca della giacca perduta, dello scialle che hai in borsa, qualcosa per coprirti. Oltre allo stomaco pieno, anche gli starnuti. Gli invitati ora s’illudono di essere giunti alla fine, ma è solo l’inizio di un altro evento. Ripartono alla carica i droni, il fotografo, lo sceneggiatore, il regista, la wedding planner che non sanno più cosa mettere sui tavoli, dove i fiori, quali pose adottare mentre la platea degli invitati guarda senza credere a ciò che vede: a quest’ora hanno ancora tutta questa forza. Qualcuno batte una pacca sulla spalla per dire, dai che ce l’abbiamo fatta, è finita! Intanto la sposa si è rinfrescata il trucco, lo sposo rimesso in sesto e i parenti vanno loro incontro come usciti da un filtro Instagram tutti sorridenti per sottoporsi ai paparazzi della sala, professionisti e non, mentre tu cominci a perdere colpi e la vista non è poi così nitida come quella delle ore 16, appena dodici ore prima. Ti ricordi che sei sopravvissuta alle scarpe, allo stomaco, al boccolo cascante, al trucco che era perfetto e ora sembra la scena di un film horror e in lontananza metti a fuoco le dentiere dei sorrisi alla massima estensione mentre tu appena tieni aperti gli occhi. Assaggerai la torta alle ore tre passate, se resisterai, e infine, barcollando e sonnecchiando, ti troverai la bomboniera tra le mani, segno che è proprio finita. A casa resterai incollato alla poltrona incapace di pensare. Bevi qualcosa per digerire, ti riprendi dallo choc, prima di metterti a letto alle 5 del mattino. A questo punto viene il dubbio se sia il caso o meno di scrivere sulla partecipazione di un matrimonio notturno, così da programmare un sonnellino postprandiale e prepararsi alla maratona. Del resto ciò che importa più di ogni altra cosa è la felicità degli sposi e il ricordo di un matrimonio bellissimo visto quello che costa. A questo proposito istituirei le compagnie di ventura matrimoniali: ogni ospite invii un suo delegato forte, resistente, con uno stomaco d’acciaio, incrollabile, che non si lasci sopraffare dalle emozioni, resistente al caldo e al freddo. Sarebbe un matrimonio perfetto!
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