di Anna Paola Merone - Il Corriere del Mezzogiorno
Si è mai pentito di aver smesso di fare il
giornalista per diventare sindaco di
Castellammare di Stabia?
«Neanche una volta.
E mentirei se dicessi che in questi 14 mesi
non ci sono stati momenti difficili.
Forse il peggiore è quello legato all'incidente
della Funivia del Faito.
Ieri sera c'è stata una commemorazione delle
vittime alla stazione di monte...».
Luigi Vicinanza, classe 1956, è stato eletto
sindaco di Castellammare di Stabia - grande
città della provincia di Napoli con un passato
difficile e potenzialità storicamente disattese -
nel corso delle elezioni dell'8 e 9 giugno 2024.
Il 14 giugno l'insediamento, con il quale ha
formalmente compiuto il passo dal
giornalismo alla politica attiva.
Era preparato a quello che si è trovato a
fronteggiare?
«Nulla può preparare ad una sfida del genere.
Per oltre 30 anni sono stato al vertice dei
giornali - da Repubblica all'Espresso ,
passando per La Città e Il Centro , nei difficili
anni del terremoto de L'Aquila, Il Tirreno di
Livorno...
- e con la politica ho fatto i conti da vicino.
Osservando, pungolando, scrivendone...
Ma quando ci sei dentro guardi tutto dalla
prospettiva opposta e quotidianamente ti
confronti con una complessità che non
immagini, soprattutto riferita all'ambito
burocratico.
C'è una sovrapposizione di competenze che
porta ad uno stesso tavolo un numero di
realtà differenti che devono interagire.
Non è semplice».
Che voto si dà come sindaco, per questo
primo anno?
«Nessuno, devono giudicarmi i cittadini».
Ma perché ha deciso di passare dall'altra
parte?
«Il Comune era stato sciolto per camorra e ci
fu un movimento di opinione, L'appello dei
100, che indicava il profilo di un candidato in
grado di sostenere il cambiamento.
Diciamo che io corrispondevo a questo
identikit e non mi sono tirato indietro».
Ottenendo una buona affermazione.
«Ho ottenuto il 67 per cento delle
preferenze».
Che di questi tempi, in area centrosinistra, è
notevole.
«Una soddisfazione, condivisa con i molti che
mi hanno sostenuto.
Ma l'orgoglio è stato aver riportato al voto
parte di un elettorato che aveva da tempo
disertato le urne».
Sua moglie ha sostenuto la sua scelta?
«È stata determinante, mi ha spinto con
grande fermezza sostenendo che non avrei
potuto deludere chi aveva mostrato di credere
in me».
Anche lei arriva da un altro mondo. «Alma è una docente, in pensione da un anno,
della Federico II: insegnante di Matematica a
Ingegneria».
Ora fa la moglie del sindaco?
«Non in senso stretto.
È troppo abituata ad avere mille impegni
personali».
Figli?
«Due, ormai grandi.
Un maschio e una femmina che vivono fuori e
che per fortuna non fanno i giornalisti.
Siamo anche nonni di un bimbo».
Anche lei ha vissuto fuori, per 35 anni, ora
vive a Castellammare?
«Ci sono tornato dopo l'elezione, ma il
rapporto con la mia città non l'ho mai perso».
Che città è Castellammare?
«Un territorio articolato che sta crescendo e
che richiede grande attenzione e che ha
esigenze che ascolto muovendomi fra la
gente».
Oltre alle luci però ci sono le ombre.
La più cupa è quella della funivia del Faito.
«Al di là del dolore per le vittime, senza
funivia siamo mutilati.
È un valore per un territorio che ha mare e
montagna che si incontravano in una
manciata di minuti».
Cosa ricorda del giorno dell'incidente?
«Ogni istante è cristallizzato nella mia mente.
Intorno alle 15 ci hanno detto di un incidente
e siamo andati subito alla stazione a valle.
La percezione del dramma non è stata subito
chiara.
I viaggiatori della cabina che era stata
riportata alla stazione di Castellammare erano
salvi e pensavamo, che con qualche criticità, il
meccanismo di frenata aveva messo in salvo
anche gli altri.
Non c'era visibilità ed era impossibile avere il
quadro della situazione: 12 ore dopo ero
ancora lì, dolorosamente consapevole del
dramma» E ora?
«Ora c'è un'inchiesta e la consapevolezza di
questa mancanza per una città che ha
finalmente recuperato il suo mare dopo
decenni.
La balneabilità, persa nel 1969, è stata
riconquistata il 5 agosto dello scorso anno.
Grazie all'impegno della Regione che ha
proceduto alla bonifica del fiume Sarno».
Le terme non sono state recuperate.
«Sono chiuse dal 2016, ma è aperto il parco
urbano.
Siamo in attesa della nuova classificazione
delle acque».
A proposito di acqua...
L'acqua della Madonna è un altro tassello
perduto.
«La sorgente è stata inibita per un problema
di inquinamento.
Questa cosa fa parte dello sfasciume urbano,
l'ho definito così, che ho trovato al mio
arrivo».
Castellammare di Stabia è anche sopraffatta
dal traffico.
Qual è la sua ricetta?
«Del traffico di Castellammare cantava anche
Pino Daniele.
Abbiamo disposto una Ztl sul Lungomare, ma
il centro è certamente un problema anche a
causa della mancanza di parcheggi.
Il punto è che la città, che ha 63 mila abitanti,
come ripeto spesso non è un capoluogo ma un
luogo cui si fa capo.
È una calamita che attrae 350 mila persone
che arrivano da un'ampia fetta della Città
metropolitana.
Le presenze crescono esponenzialmente e
vanno gestite» Che vacanze farà?
«In città.
A Ferragosto sarò nei posti sensibili e non
stacco.
Mi concederò un paio di giorni in famiglia».
Cosa fa nel tempo libero?
«Cammino tanto.
Poi qualche libro, film.
L'ultimo che ho visto è Nottefonda , che ha fra
gli interpreti la stabiese Dora Romano:
bellissimo...
Qualche volta vado a teatro».
Il riscatto di Castellammare passa da lei?
«Passa attraverso tutti.
Passa attraverso l'idea che non si deve
mollare mai e non ci si deve voltare dall'altra
parte.
E la consapevolezza che le potenzialità di
questa città sono enormi, anche dal punto di
vista turistico.
Nei soli siti archeologici abbiamo registrato 37
mila presenze, le spiagge sono strapiene, i
commercianti ci riferiscono di una vivacità
significativa di visitatori nonostante la
mancanza della funivia.
Poi bisogna guardare in faccia i problemi e
provare a non vacillare.
La sfida da vincere è questa»

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