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«Bassolino di nuovo in campo per Napoli? Nessun veto, ci mancherebbe. Ma è la gente che chiede di cambiare»; «le alleanze per le prossime regionali? Non possiamo consegnare il nostro destino all’Udc»; «la Campania regina delle tessere del Pd? La sproporzione tra il grado di partecipazione e il numero di iscritti impone alcune riflessioni »; «gli affondi di Bossi sul Mezzogiorno? La verità è che l’arroganza della Lega è stata legittimata una classe dirigente meridionale per molti versi incapace »; «Nicolais scivolato sull’antibassolinismo? Dovremmo solo ringraziarlo per quello che ha fatto e invece ho l’impressione, spiacevole, che qualcuno abbia voluto dargli una lezione e non ne faccia neppure mistero».
Leonardo Impegno, presidente del Consiglio comunale di Napoli, sostiene senza se e senza ma la linea Franceschini ed è candidato alla segreteria regionale dei democratici.
Enzo Amendola, l’altro candidato a succedere a Tino Iannuzzi, che gode del sostegno dei dalemiani e dei bassoliniani e che a livello nazionale fa riferimento a Pier Luigi Bersani, non sta certo a guardare. Anzi, alla vigilia dell’arrivo del segretario nazionale del partito lancia la sua sfida per la leadership regionale con una lettera a tutti gli iscritti al partito, in cui attacca «la continua litigiosità» interna che «ha deluso tanti cittadini e ha fatto perdere la fiducia nella nostra comunità, come rovinosamente documentato dalle ultime tornate elettorali». Insomma, bisogna cambiare registro. Am
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endola mette sotto accusa «la vita democratica del partito campano», giudicandola «meno che asfittica, esitante nel rappresentare i nuovi fermenti sociali e le vecchie e nuove sofferenze». Per il candidato dalemiano il Pd «non può vivere immerso nella sua discussione interna, spesso criptica e fumosa, oppure ritenere sufficienti gli atti di governo dei suoi rappresentanti dalla Regione ai piccoli comuni. La nostra forza si fonda sulla partecipazione e l’ascolto dei cittadini, su valori forti come la solidarietà e le pari opportunità per tutti». Quindi un nuovo affondo: «Il partito che abbiamo conosciuto negli ultimi venti mesi in Campania non è stato tutto questo».
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