sabato 24 gennaio 2009
Quel che volevo dire lunedì a Veltroni
A margine della manifestazione a Napoli con Veltroni di lunedì scorso, scrivo, per meglio precisare il senso della mia "spontanea intemperanza". Capisco, pur senza condividerlo (ritenendolo uno dei mali della politica) il conformismo del "politically correct", che tutto tende a ridimensionare e a riportare in un alveo autodistruttivo, ma il mio urlo appassionato tendeva a sollecitare il segretario del mio partito (ancora, ahimè, in fieri) a svolgere senza più indugi il suo ruolo. La mia non voleva essere soltanto una "voce fuggita dal seno" di chi mi sedeva accanto, ma tendeva a interpretare la rabbia e anche lo scoramento di chi, pur essendo intervenuto carico di fiduciosa aspettativa di finalmente sentire il leader del Pd indicare la linea e la strada da seguire, nel percorso tortuoso della costruzione del partito in Campania, stava invece, da un quarto d'ora, ascoltando una gimkana dialettica, tesa soltanto a non turbare i manovratori che guidano pervicacemente le istituzioni sul nostro territorio, con i risultati che sono alla percezione di tutti. Nella speranza di aver sufficientemente spiegato il senso della mia accorata e determinata sollecitazione e di vivere momenti più significativamente produttivi di reale cambiamento. (Toni Vosa da la Repubblica Napoli)
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