Social Word Film Festival Premio al grande regista «La vita non ha senso se non sogni»
di Luca Marconi da Il Corriere del Mezzogiorno
Vico Equense - «Senza sogni la vita non ha senso, perde la sua ragione d'essere e quando l'hai individuato devi crederci fino in fondo, tutto quello che ti sembra dissuasivo ti deve solo rafforzare». Pupi Avati fa un lungo excursus delta sua carriera, dall'incontro con Lucio Dalla a quello con Dante, il suo prossimo film distribuito, a beneficio dei giovanissimi appassionati di cinema accorsi al Social World Film Festival di Vico Equense, prima di ritirare il Premio della 12ma edizione. «Devi sentire dentro tè l'urgenza di sapere chi sei, sapere che ti aspetta qualcosa di straordinario - dice ad una appassionata 17enne - e devi credere che io stasera sia venuto qua per tè. I sogni che riescono sono quelli più coraggiosi, enormi, quelli che non hanno un piano B». Avati a Vico ha presentato «Lei mi parla ancora» prima del premio alla carriera ricevuto dal direttore artistico Giuseppe Alessio Nuzzo. Di fronte a lui una platea gremita di giovanissimi che ridono e illuminano gli occhi ad ogni sua battuta. Ad esempio quando maledice e poi benedice Lucio Dalla, che ha mandato in frantumi i sogni jazz di un giovane clarinettista ma per aprirgliene un altro, quello del cinema. Come è nato il gusto del macabro, dell'horror? «Dalla guerra, vissuta nell'infanzia. L'horror mi è servito a misurarmi col cinema. Bergman diceva che il film buono arriva dopo sette film. Ho sempre pensato che il film della mia vita non l'ho ancora fatto, continuo a progettare immaginando che ci sia un futuro e io confido che ci sia. Anche se ho davanti a me il finale de "Il posto delle fragole", quando il vecchio professore ritrova i suoi genitori sulle rive di un lago, addormentandosi. La vita è una elissi, nell'ultimo quarto siamo fragili come bambini». Dante: ci può dire qualcosa in più del film? «Dante arriva in un momento di crisi profonda per il cinema italiano, è un film che ha una valenza didattica non trascurabile e speriamo possa essere visto in ambiti scolastici. Dante non è mai stato abbastanza raccontato. Dante spaventa, preoccupa. Della sua vita soprattutto si sa pochissimo, Boccaccio è stata la mia password, quel viaggio che fece per andare a trovare la figlia di Dante a Ravenna dopo la sua morte è lo spunto. Penso che il Dante ragazzo della "Vita Nova" mi abbia voluto bene, l'ho sentito vicino: 11 settimane con 85 persone intorno, una troupe turbolenta, è stato uno dei film più difficili della mia vita. E un film non può riuscire solo tecnologicamente, deve avere un'anima, un cuore e questo ha un cuore pulsante fortissimo».
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