di Filomena Baratto
Gli anni volano via come coriandoli e, mentre ricordiamo ciò che ci lasciano, inciampiamo nella nostalgia del passato, delle persone che non ci sono più, dei momenti che ci mancano. Il tempo non dovrebbe avere una scansione ma una continuità senza interferenze. Il passaggio da un anno all’altro ci costringe a fare dei bilanci non precisi, fatti di ricordi che vanno a inficiare la realtà dei fatti e a creare nebulose per il futuro. Ci ostiniamo a festeggiare l’anno passato per voler affermare che ci siamo ancora e continuiamo a esserci e quello nuovo come un ospite che arriva sperando non ci dia troppo da fare. I bilanci, in questo caso, meglio evitarli, portano a conclusioni fredde e calcolatrici, sanno di esattori delle tasse, di sconfitte a tutti i costi o di buonismo nei casi peggiori. Per le sconfitte ci riportiamo a quello che abbiamo perso, che non abbiamo colto, o procrastinato e per il ritardo, perso, che potevamo portare a termine e invece non abbiamo avuto pazienza o non voluto tentare per non lasciarci andare agli eventi. E ci assolviamo da soli, approvando tutto il nostro vissuto e soprattutto giustificandolo a mo’ di gesta eroiche degne di un trofeo. La vita va esaminata solo alla fine, quando è già passata, poiché strada facendo dà risultati parziali che non servono ai fini dei bilanci, sempre provvisori e relativi. E bisogna viverla tutta per poterla definire e capirne l’andamento.
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