Il primo cittadino invita i colleghi ad abbattere gli steccati «Abbiamo i più importanti brand internazionali del turismo, insieme possiamo diventare un distretto di livello mondiale»
di Mauro De Riso - Metropolis
Sorrento riscopre la sua storia e costruisce il futuro ponendo le basi per una sinergia territorio incentrata sulla cultura. Una scelta che non nasce per caso, ma da una visione politica chiara, portata avanti dal sindaco Massimo Coppola, che racconta il senso profondo di questo impegno e il legame strategico con Pompei e l'intera area vesuviana. Sindaco, negli ultimi anni Sorrento ha visto un'importante riscoperta delle sue radici storiche e archeologiche. Da cosa nasce questa scelta della sua amministrazione? «Abbiamo deciso di fare della storia un asse portante della nostra visione amministrativa. Sorrento ha un patrimonio culturale e archeologico straordinario, ma per troppo tempo è rimasto in secondo piano. Oggi stiamo scrivendo una nuova pagina, scegliendo di costruire storia nella storia: restituire ai cittadini e ai visitatori luoghi identitari che erano invisibili, dimenticati, inaccessibili. È un percorso di riscoperta, ma anche di rilancio della nostra identità più profonda». Quali sono le opere più significative che avete avanti? «Ce ne sono tante, tutte pensate in un'ottica sistemica. Innanzitutto la sezione archeologica del Museo Correale, inaugurata a maggio 2024: un vero museo nel museo, con reperti straordinari finalmente esposti in modo sistematico. Poi c'è il restauro delle antiche mura vicereali, con il camminamento di ronda tornato a splendere: un luogo suggestivo che oggi permette letteralmente di passeggiare nella storia. A piazza Veniero stiamo valorizzando i reperti emersi, integrandoli nello spazio urbano. Infine, l'ingresso a Sorrento da Sottomonte: completamente ripensato, trasformato da punto secondario a una nuova porta principale della città. Anche lì, i reperti archeologici rinvenuti sono stati recuperati e messi in mostra, perché ogni scoperta deve essere anche racconto e accoglienza».
Uno dei progetti più attesi è il Parco agricolo archeologico della Regina Giovanna. A che punto siete? «È uno dei punti più alti della nostra visione. Abbiamo intercettato 4 milioni di euro, poi sbloccati grazie al Fondo Sviluppo e Coesione, per realizzare un progetto che unisce storia, natura, sostenibilità e fruizione intelligente. Un parco pensato non solo come sito archeologico, ma come spazio vivo, capace di dialogare con il presente. Ma ci tengo a sottolinearlo: ogni intervento deve sempre mantenere un equilibrio tra scoperta e funzionalità, tra tutela e vivibilità. La bellezza non basta, se non è anche utile e vissuta.» Ha parlato spesso di Pompei come asse strategico. Che ruolo ha per Sorrento? «Pompei è un richiamo antico, non solo istituzionale ma anche spirituale. Come uomo, ho un legame profondo con la Madonna di Pompei, che sento come una guida. Come sindaco, vedo in Pompei un primato archeologico globale, un cuore che pulsa nel mezzo di un territorio vasto e ricco. Con i suoi 4 milioni di visitatori all'anno, Pompei è una forza motrice che non possiamo ignorare. Sorrento ha un'identità che parla di poesia, arte, natura, accoglienza. Insieme possiamo costruire un sistema culturale integrato. Se uniamo archeologia, fede, storia, bellezza, abbiamo tra le mani un tesoro collettivo che può rappresentare la Campania nel mondo. Ma solo se lo mettiamo in rete, superando i confini amministrativi, i campanilismi e le logiche individuali. Serve visione, coraggio e voglia di costruire insieme». E allora, perché alcuni territori per troppi anni sono sembrati divisi invece che uniti? «Perché abbiamo ereditato una logica di isolamento, di campanilismi, di confini che oggi non hanno più senso. Chi ragiona ancora così, lo dico senza mezzi termini, sta facendo danno al territorio. Chi amministra con lo sguardo sulla propria carriera, chi costruisce muri invece di ponti, non serve la comunità, serve sé stesso. E noi non possiamo permettercelo. Il mondo cambia, e noi dobbiamo saperlo leggere, interpretare, anticipare. Bisogna avere il coraggio di stare un passo indietro per fare un passo avanti insieme agli altri. Io mi sento parte di una staffetta, non di una corsa a ostacoli per la visibilità. Oggi porto un testimone, ma so che domani toccherà a qualcun altro. E voglio passarlo correndo forte, da vincente, lasciando il segno attraverso le opere, i progetti, le visioni». Questo riguarda solo Pompei e Sorrento o va oltre? «Va molto oltre. Parliamo della Grande Pompei, ma anche di Torre Annunziata, Castellammare, i Monti Lattari, la Costiera, l'area vesuviana. Siamo tutti parte di un unico paesaggio umano e culturale. Quando pensiamo alla Campania nel mondo, pensiamo a Napoli, Pompei, Sorrento, Capri, Amalfi. Non esistono singole capitali del turismo o della cultura: esiste un sistema che può funzionare solo se ognuno gioca la sua parte con umiltà e visione». In che modo la cultura può essere il collante di tutto questo? «La cultura è il nostro Dna condiviso. È ciò che ci permette di riconoscerci e di raccontarci. Sorrento è terra di storia e di ispirazione: è la città di Tasso, è il luogo che ha incantato Henrik Ibsen, è la musa di Lucio Dalla con la sua Caruso. Qui sono nate idee, emozioni, melodie che hanno fatto il giro del mondo. Ma tutto questo ha senso solo se lo mettiamo a sistema, solo se capiamo che la cultura è anche economia, turismo, identità, sviluppo. Io non credo alla cultura fine a sé stessa. Credo a una cultura viva, radicata, che parla alla gente, che si manifesta nei luoghi e nelle persone, che diventa motore di trasformazione». Nel suo approccio, l'estetica ha un ruolo centrale. Perché? «Perché l'estetica è un valore civile. Vivere in un luogo bello, armonioso, curato, significa vivere meglio. Significa rispettare il contesto e chi ci vive. Ecco perché ogni opera che realizziamo - dalle mura vicereali al Parco della Regina Giovanna, da piazza Veniero al nuovo ingresso cittadino - deve essere bella, funzionale, sostenibile. La bellezza è il primo passo verso l'appartenenza». E alla fine, che eredità vuole lasciare? «Vorrei lasciare l'idea che si può fare politica senza mettersi al centro, ma mettendo al centro il futuro. Che si può amministrare servendo e non comandando, costruendo qualcosa che resta, anche quando tu non ci sei più. Voglio lasciare una Sorrento che non si è chiusa nel suo nome, ma ha aperto le braccia al territorio. Una città che ha scelto di camminare insieme agli altri, consapevole che da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano. Ecco, io voglio andare lontano. Non per me, ma per noi. Per questa terra che merita di splendere unita. E sono pronto, come sempre, a sedermi al tavolo, a costruire, a sognare. Perché chi sogna insieme, costruisce futuro».
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