sabato 19 aprile 2025

I residenti del Faito: «Difficile riprendersi Ora siamo più soli»

«Abbiamo capito subito che era accaduto un disastro. Per scendere dal monte ci rimane un'unica strada» 

di Gimmo Cuomo - Il Corriere del Mezzogiorno

Castellammare di Stabia - «Per un istante abbiamo pensato a un terremoto». Sul piazzale della funivia, in cima al monte Faito, hanno capito subito. L'eco dello schianto della cabina, dopo una folle corsa a ritroso, non ha lasciato alcuno spazio alla speranza. Nella piccola comunità locale la mobilitazione è stata immediata. Come sempre. Sulla vetta, del resto, si è abituati alle emergenze che con fatale periodicità si ripropongono: dagli incendi in estate alla neve in inverno, dalla scomparsa di una bimba di tre anni, la piccola Angela Celentano, a quella che sarà ricordata come la tragedia del Giovedì Santo. A differenza dei tecnici e dei soccorritori forestieri, nessuno dei volontari che si sono precipitati alla ricerca, ha immaginato che la cabina fosse rimasta sospesa, ma al sicuro, sull'abisso, nascosta dalla nebbia, fittissima al momento dell'incidente e nelle ore immediatamente successive. «Nessuna illusione - conferma Giacomo Vanacore, gestore dello storico bar e ristorante del Belvedere -, ci siamo subito diretti lungo la strada verso Castellammare (chiusa da anni al traffico per dissesto, ndr ) che si snoda proprio sotto i cavi della funivia. Sapevamo che era lì che bisognava cercare.


E quando ci siamo imbattuti nel parabrezza della cabina, abbiamo, ancor prima di arrivare sul luogo dell'impatto, compreso che era accaduto qualcosa di irreparabile». Una tegola pesantissima sulla piccola economia locale che stava inseguendo, anche grazie al collegamento rapido assicurato dall'impianto dell'Eav, una prospettiva di rilancio. «Ma a questo - afferma con nettezza l'imprenditore - penseremo dopo. Ora prevale il dolore per i morti. E non oso immaginare quale sarebbe stato il bilancio se l'incidente si fosse verificato a Pasqua o a Pasquetta». In mattinata sul piazzale della funivia arriva don Catello Malafronte, il rettore del Santuario di San Michele Arcangelo, più volte distrutto e più volte riedificato nei secoli. «Sono ancora incredulo» - confida il sacerdote - anche perché conoscevo l'operatore di cabina. Un episodio funesto che ci riporta alla Passione di nostro Signore che ricordiamo proprio in queste ore. Spero che anche per il Faito arrivi la Resurrezione». Lunedì in Albis a mezzogiorno nel Santuario sarà proprio il rettore a celebrare la messa in suffragio delle vittime della sciagura. Nella fredda mattinata del Venerdì Santo, sulla cima del monte il sole fa fatica ad affacciarsi tra la nebbia e le nuvole: l'atmosfera, quasi surreale, riflette il carattere ambiguo della montagna, da sempre arena di un duello infinito tra il Bene e il Male, tra angeli e demoni. A momenti sembrano prevalere gli uni, a momenti gli altri. E così anche nell'ora del lutto c'è chi riesce a vedere una piccola luce. «Certamente - osserva un altro imprenditore che preferisce mantenere l'anonimato - senza la funivia sarà tutto più difficile. Specialmente le presenze degli stranieri diminuiranno. Non è un caso che quei poveretti rimasti uccisi nello schianto non fossero italiani. Anche nell'altra cabina rimasta bloccata a Castellammare c'erano stranieri. Ma siamo abituati a non arrenderci. Ci rialzeremo anche questa volta». I pochi residenti in molti casi sono legati da vincoli di parentela. Ed è solo per una casualità, in questo caso favorevole, che la comunità non si ritrovi a piangere la scomparsa di altre vittime. C'è chi ricorda, infatti, che con la corsa appena precedente quella fatale erano tornati a casa tre giovani studenti. Anche per loro e per gli altri pendolari sarà più difficile scendere a valle. Nel mentre si avviano le indagini, su un punto sembrano essere tutti d'accordo: il vento non avrebbe avuto alcun ruolo nella tragedia. «Anche perché - spiega un altro residente - a differenza dei due giorni precedenti, giovedì pomeriggio di vento ce n'era poco». Ai lati della trincea sottostante l'ultimo tratto percorso dalla cabina della morte, alcuni alberi mostrano i segni delle severe condizioni meteorologiche di inizio settimana. Ma davvero risulta difficile mettere in correlazione questa circostanza con la tragedia. Al momento di scendere dal monte, per l'unica via di comunicazione, sul versante di Vico Equense, a disposizione di cittadini e turisti, il sole riesce finalmente a farsi largo. Cosa succederà domani e dopodomani è difficile da prevedere. Nel giorno della Passione l'unica certezza è il dolore.

Nessun commento: