«Abbiamo capito subito che era accaduto un disastro. Per scendere dal monte ci rimane
un'unica strada» di Gimmo Cuomo - Il Corriere del Mezzogiorno
Castellammare di Stabia - «Per un istante
abbiamo pensato a un terremoto».
Sul piazzale della funivia, in cima al monte
Faito, hanno capito subito.
L'eco dello schianto della cabina, dopo una
folle corsa a ritroso, non ha lasciato alcuno
spazio alla speranza.
Nella piccola comunità locale la mobilitazione
è stata immediata.
Come sempre.
Sulla vetta, del resto, si è abituati alle
emergenze che con fatale periodicità si
ripropongono: dagli incendi in estate alla neve
in inverno, dalla scomparsa di una bimba di
tre anni, la piccola Angela Celentano, a quella
che sarà ricordata come la tragedia del
Giovedì Santo.
A differenza dei tecnici e dei soccorritori
forestieri, nessuno dei volontari che si sono
precipitati alla ricerca, ha immaginato che la
cabina fosse rimasta sospesa, ma al sicuro,
sull'abisso, nascosta dalla nebbia, fittissima al
momento dell'incidente e nelle ore
immediatamente successive.
«Nessuna illusione - conferma Giacomo
Vanacore, gestore dello storico bar e
ristorante del Belvedere -, ci siamo subito
diretti lungo la strada verso Castellammare
(chiusa da anni al traffico per dissesto, ndr )
che si snoda proprio sotto i cavi della funivia.
Sapevamo che era lì che bisognava cercare.
E quando ci siamo imbattuti nel parabrezza
della cabina, abbiamo, ancor prima di arrivare
sul luogo dell'impatto, compreso che era
accaduto qualcosa di irreparabile».
Una tegola pesantissima sulla piccola
economia locale che stava inseguendo, anche
grazie al collegamento rapido assicurato
dall'impianto dell'Eav, una prospettiva di
rilancio.
«Ma a questo - afferma con nettezza
l'imprenditore - penseremo dopo.
Ora prevale il dolore per i morti.
E non oso immaginare quale sarebbe stato il
bilancio se l'incidente si fosse verificato a
Pasqua o a Pasquetta».
In mattinata sul piazzale della funivia arriva
don Catello Malafronte, il rettore del Santuario
di San Michele Arcangelo, più volte distrutto e
più volte riedificato nei secoli.
«Sono ancora incredulo» - confida il sacerdote
- anche perché conoscevo l'operatore di
cabina.
Un episodio funesto che ci riporta alla
Passione di nostro Signore che ricordiamo
proprio in queste ore.
Spero che anche per il Faito arrivi la
Resurrezione».
Lunedì in Albis a mezzogiorno nel Santuario
sarà proprio il rettore a celebrare la messa in
suffragio delle vittime della sciagura.
Nella fredda mattinata del Venerdì Santo,
sulla cima del monte il sole fa fatica ad
affacciarsi tra la nebbia e le nuvole:
l'atmosfera, quasi surreale, riflette il carattere
ambiguo della montagna, da sempre arena di
un duello infinito tra il Bene e il Male, tra
angeli e demoni.
A momenti sembrano prevalere gli uni, a
momenti gli altri.
E così anche nell'ora del lutto c'è chi riesce a
vedere una piccola luce.
«Certamente - osserva un altro imprenditore
che preferisce mantenere l'anonimato - senza
la funivia sarà tutto più difficile.
Specialmente le presenze degli stranieri
diminuiranno.
Non è un caso che quei poveretti rimasti
uccisi nello schianto non fossero italiani.
Anche nell'altra cabina rimasta bloccata a
Castellammare c'erano stranieri.
Ma siamo abituati a non arrenderci.
Ci rialzeremo anche questa volta».
I pochi residenti in molti casi sono legati da
vincoli di parentela.
Ed è solo per una casualità, in questo caso
favorevole, che la comunità non si ritrovi a
piangere la scomparsa di altre vittime.
C'è chi ricorda, infatti, che con la corsa
appena precedente quella fatale erano tornati
a casa tre giovani studenti.
Anche per loro e per gli altri pendolari sarà più
difficile scendere a valle.
Nel mentre si avviano le indagini, su un punto
sembrano essere tutti d'accordo: il vento non
avrebbe avuto alcun ruolo nella tragedia.
«Anche perché - spiega un altro residente - a
differenza dei due giorni precedenti, giovedì
pomeriggio di vento ce n'era poco».
Ai lati della trincea sottostante l'ultimo tratto
percorso dalla cabina della morte, alcuni
alberi mostrano i segni delle severe condizioni
meteorologiche di inizio settimana.
Ma davvero risulta difficile mettere in
correlazione questa circostanza con la
tragedia.
Al momento di scendere dal monte, per l'unica
via di comunicazione, sul versante di Vico
Equense, a disposizione di cittadini e turisti, il
sole riesce finalmente a farsi largo.
Cosa succederà domani e dopodomani è
difficile da prevedere.
Nel giorno della Passione l'unica certezza è il
dolore.
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