Da anni, fin dal 2014, con la crisi in Crimea, Unimpresa ha sollecitato le forze politiche a una riflessione seria sulla politica energetica del nostro paese e in sede europea, partendo dai clamorosi errori commessi finora, offrendo contributi con convegni e analisi del proprio centro studi, ben prima che scoppiasse la guerra russo-ucraina e il conseguente ricatto energetico di Mosca. Necessitano risposte, hic et nunc, in piena campagna elettorale, da chi aspira a governare questo paese in rotta, alle seguenti domande: quale sarà la politica energetica futura dell’Italia, nel frastagliato e contraddittorio contesto europeo, dove ogni paese, a partire dalla Germania dall’Olanda, pensa a tutelare prima i propri interessi nazionali, alla faccia delle determinazioni dell’Unione? Chi ha boicottato e impedito di attuare le misure programmate, nell’autunno del 2014, dalla Commissione UE per assicurare la sicurezza energetica continentale, stringendo accordi energetici bilaterali con la Russia, cadendo così nella trappola tesa da Putin? Basteranno un accordo sul tetto del prezzo del gas e le decisioni che usciranno dall’atteso consiglio europeo energia del 9 settembre a rompere l’assedio del dittatore del Cremlino o si aggraveranno la tensione e le reciproche rappresaglie? Ormai non è più solo in gioco la credibilità dell’Unione, ma lo stesso destino economico-industriale e sociale del nostro paese! Allo stato appare legittimo dubitare che i leader dei partiti e le cosiddette coalizioni ne abbiano consapevolezza e avvertano il dovere elementare di chiarire le loro posizioni, sul tema, davanti al corpo elettorale. In quanto, un governo, senza posizioni chiare e univoche, sulla politica estera e su quella energetica, nascerebbe minato da un male incurabile, con un destino effimero e i mesi contati”. Lo ha dichiarato, in una nota, Raffaele Lauro, segretario generale di Unimpresa.
domenica 4 settembre 2022
Elezioni Lauro (Unimpresa): quale sarà la politica energetica del futuro governo? L'ignavia irresponsabile dei partiti
“Come nell’esordio, la campagna elettorale prosegue, in una folle gara demagogica, con le solite promesse inattuabili e con le consuete blandizie populistiche della defunta politica, destinate soltanto ad accrescere la sfiducia ormai dilagante e quel partito invisibile dell’astensione, che minaccia di diventare il vero vincitore nelle urne del prossimo 25 settembre. I leader dei partiti, con rare eccezioni, e le cosiddette coalizioni, sempre più spaccate al loro interno, si insultano a vicenda, senza il minimo pudore e dignità, persino tra presunti alleati. Si trastullano, inoltre, con astratte strategie comunicazionali, inventate a tavolino e lontane anni luce dalla realtà, gestite seguendo solo la quotidiana lotteria dei sondaggi e, talora, con presenze ridicole sui social dei ragazzini. Misconoscono, di fatto, la drammatica gravità dei problemi, a partire dall’inflazione e dalla crisi energetica, che rischiano di travolgere, in autunno, come un devastante uragano, la già travagliata esistenza e la stessa sopravvivenza di migliaia e migliaia di famiglie e di imprese, ormai in agonia. Sulla crisi energetica, in particolare, ignorano – o fingono di ignorare! – come non basti, da parte loro, chiedere (o, meglio, invocare!) al governo Draghi, peraltro in gestione di affari correnti, provvedimenti urgenti, finalizzati a tamponare il caro bollette con sussidi insignificanti, mentre la partita sull’energia imporrebbe riflessioni, risposte e progetti coerenti, di medio e lungo temine, che incrociano componenti geopolitiche, dell’unità europea e della sicurezza nazionale.
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