L’erba canta di Doris Lessing è un libro potente che lascia intatte nel tempo le sensazioni provate durante la sua lettura, e il fascino di un mondo lontano: l’Africa. Arrivano, a volte, intere scene, immagini e basta poco per ritornarci dentro.
Aveva trent’anni l’autrice quando scrisse questo romanzo, pubblicato a Londra nel 1950. Era cresciuta in Rodesia, in Africa, ma era nata in Persia, e aveva trascorso laggiù gran parte della sua giovinezza. Ed è lì che è ambientato il romanzo. La storia ha per protagonisti Mary e Dick Turner. Mary è una ragazza felice, con un lavoro da segretaria e non aveva alcuna fretta per l’amore. Poi una sera ascoltò i pettegolezzi delle amiche sul suo conto, lamentando inopportuno alla sua età non aver ancora trovato marito. E lei, che non aveva mai fatto caso a questo bisogno, cominciò da quella sera a essere ansiosa. Per caso incontrò Dick al cinema e, dopo un breve periodo, lo sposò. Lo fece per solitudine e per zittire le malelingue.
“Solitudine per lei, significava desiderare intensamente la compagnia degli altri. Ma non sapeva che solitudine può significare anche un impercettibile contrarsi dell’anima per mancanza di amicizia.”
Vanno a vivere nella fattoria di Dick, tra le piantagioni di cereali e tabacco. Mary era abituata a vivere in città e, sin dall’inizio del matrimonio, la vita alla fattoria la rende triste. Il luogo si presentava a lei inospitale e ostile.
Dick, al contrario, era un uomo silenzioso, a tratti assente e ben presto mostrò anche tutta la sua inettitudine nel trattare con la servitù e il prossimo. Ogni sforzo di Mary per abituarsi alla vita dei campi fallisce e si sente sempre più in una gabbia. Oltretutto le piantagioni intorno alla casa rappresentavano per lei il mistero di non sapere cosa accadesse là fuori, tra gli alti arbusti dove lavoravano gli indigeni. Decise di scoprirlo un giorno che Dick si ammalò e andò a visitare le terre. Scoprì che il marito non riusciva a gestire nemmeno le situazioni più semplici e i rapporti con gli schiavi e lei non aveva il potere di cambiarli. Eppure si era data un gran da fare per cambiare le cose. Ma non era servito a niente.
La sua insofferenza la scaricava sulla servitù, in particolare su Moses, lo schiavo che la aiutava in casa. Solo ora capisce che non doveva accettare la vita che gli offriva Dick; aveva già vissuto cose orrende nel passato, come l’esperienza di una madre isterica e un padre alcolizzato. Lentamente Mary perde la sua voglia di vivere, il suo entusiasmo, le sue certezze, fino a implodere. Insostenibile il loro rapporto con i neri che non possono essere trattati alla stessa stregua dei bianchi. Dick crede in un atteggiamento docile, ma ciò porta al sopravvento degli indigeni sui padroni.
Il romanzo parte dalla fine, con la morte di Mary, per poi ripercorrere la storia dall’inizio. Due gli aspetti salienti del romanzo: la condizione femminile della protagonista e il razzismo. Sono questi i temi precorritori che anticipano le difficoltà dei rapporti tra razze e di genere, motivi che portano l’autrice a ottenere il Premio Nobel. Mary, dopo il matrimonio, comincia una lenta discesa, provando un malessere esistenziale da cui non si risolleva più. Dick la getta nella disperazione con il suo atteggiamento anticoloniale, il suo non “vedere” le cose, causandole un'apatia che si impadronirà di lei fino a condurla alla morte. L’autrice si pone a spettatrice di questo mondo violento. E pur dalla parte dei privilegi della gente bianca, dà voce ai soprusi, alla prevaricazione dei bianchi sui neri. Gli indigeni rappresentano pur sempre un pericolo, paura questa che si può domare solo trattandoli come bestie. Le crepe della colonizzazione lasciano intravedere le fragilità di rapporto tra le due razze. La Lessing rompe le regole, rende palese una condizione che non andava indagata, mostrandola.
È proprio Moses, lo schiavo di casa, a rompere le regole e a sovvertirle. E i bianchi non accettano che una di loro possa avere un rapporto umano con un nero. Un romanzo intenso, che induce a riflettere sulle decisioni, sui pregiudizi, sulle apparenze, sui codici della società.
“Centrale alla ricerca della Lessing sembra essere la donna nel suo trovarsi faccia a faccia con gli eventi centrali della propria vita e il suo chiedersi, non senza dolore, che cosa nell’esistenza che conduce sia frutto di casualità e che cosa invece di scelta”.
All’inizio della storia, la morte di Mary è definita “un brutto affare” senza mai parlare di assassinio, come se tutti ne conoscessero il motivo.
L'erba canta, il titolo del romanzo, è tratto dal secondo verso di West Land di T.S. Eliot, con cui Lessing fa riferimento al mondo annientato da due conflitti mondiali, mettendo a nudo le sue ferite insanabili e profonde, proprio come l'erba dei versi attende invano l'arrivo della pioggia.
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