Lo sappiamo, è gracile e incerto. Ma la democrazia ha bisogno di un'opposizione. Perciò, per favore, andate in piazza sabato. Italiani, salvate il Pd. Può sembrare un appello insensato: perché mai gli italiani, due terzi dei quali non votano il Pd, dovrebbero avere a cuore il Pd? Ma il fatto è che ieri ho letto una dichiarazione di Massimo Cacciari sulla manifestazione del 25 ottobre: «Io non ci sarò, ci vadano i demagoghi». Poi ho letto che Guazzaloca si ricandida a Bologna. Poi ho letto che Berlusconi corteggia Gianni Lettieri, imprenditore napoletano, per prendersi il Comune o la Regione. Poi ho letto che Del Turco, dopo il carcere, preferisce Berlusconi a Veltroni. E non ce l'ho fatta più: qui si rischia che il Pd non ce la faccia a sopravvivere al percorso di guerra che l'attende. Qui bisogna fare qualcosa. Perché va bene criticare, ma buttare il bambino solo perché non è venuto bello e forte come si sperava, equivale a un omicidio. Il gioco a sparare contro il Pd è diventato un passatempo nazionale. Naturalmente, il Riformista vi ha preso parte, direi anzi che l'ha iniziato, quando tutti i critici di oggi non erano vergini di servo encomio. Restano intatte le nostre critiche. Sulla conduzione della campagna elettorale e sulla qualità della leadership, sulla linea ondivaga, sulle divisioni interne. Resta la nostra critica alla manifestazione del 25 ottobre: indetta troppi mesi fa, ha una parola d'ordine oggi inutilizzabile: salva l'Italia dal governo Berlusconi. Oggi l'Italia, che resta da salvare, combatte contro nemici ben più pericolosi del governo: la crisi finanziaria globale, l'imminente recessione, e il suo inarrestabile declino. La verità è che sabato più che salvare l'Italia, il Pd chiama i suoi militanti in piazza per salvare se stesso. Salvarsi dal rischio dell'irrilevanza, salvarsi dal pericolo che alle prossime amministrative perda per esempio Bologna, salvarsi dall'incubo che una partenza così tempestosa spezzi la scialuppa prima ancora di prendere il largo. E questo, secondo me, sarebbe un problema per tutti gli italiani, anche per quelli che non votano Pd. Per le deficienze dell'opposizione, per il magic moment di Berlusconi, per la crisi che spinge gli elettorati di tutta Europa a raccogliersi intorno al governo che c'è, si è determinata in Italia una situazione di grave squilibrio. Troppo potere a chi governa, troppo poco a chi controlla. Non è indice di salute in una democrazia. Un presidenzialismo di fatto senza i check and balances che in America costringono persino Bush a contrattare il voto del Congresso. Salvare il Pd, salvare cioè l'esistenza di un'opposizione autorevole e rispettata, è dunque nell'interesse della democrazia italiana. Se si sfascia, chi ci guadagna? Sarebbe migliore un'Italia in cui da un lato c'è un solo uomo al comando e dall'altro un nuovo arcipelago di forze frammentate, deboli, e in lotta l'una con l'altra? Una delle ultime occasioni per salvare il Pd arriva sabato. Consiglio ai suoi militanti di non ascoltare i professorini alla Cacciari, che ormai sembra Gino Bartali, e ripete solo «l'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare». Se questo Pd non vi piace, avete molte ragioni. Ma sabato è il caso di turarsi il naso e andare in piazza. E' un rito trito, lo so; ma ad oggi è l'unico ricostituente che possa essere inoculato d'urgenza nel corpo flebile di questo partito sofferente. Poi deve comincire un'altra storia. Perché senza di quella non basterà un milione di persone in piazza per rianimare l'unica opposizione che abbiamo. (Antonio Polito Il Riformista)
L’importanza del 25 ottobre di Luigi Nicolais
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