domenica 28 dicembre 2025

Il PUC del silenzio: quando il futuro di Vico Equense viene deciso a porte chiuse

I Comuni della Campania devono adottare il PUC entro il 31 dicembre 2025 e approvarlo entro il 30 giugno 2026

Vico Equense - La questione urbanistica resta un tema centrale del dibattito politico e sociale. Una discussione A Vico Equense non c’è, lo confermano i consiglieri comunali di minoranza che non hanno mai partecipato a nessuna riunione sul Piano Urbanistico Comunale. Per decenni, lo sviluppo di Vico è rimasto ancorato al Piano Regolatore Generale (PRG) del 1982, uno strumento concepito in un’epoca profondamente diversa da quella attuale. Sebbene il territorio sia protetto (e talvolta ingessato) dal Piano Urbanistico Territoriale (PUT) della Penisola Sorrentino-Amalfitana (Legge Regionale 35/87), il PUC è l'unico strumento in grado di declinare le esigenze locali in chiave moderna. E’, per definizione, l’atto di programmazione più importante di una città. Non è solo una questione di distanze, altezze o indici di edificabilità; è il disegno del nostro futuro. Eppure, nonostante la portata storica di questa scelta, si continua a procedere in un silenzio assordante. La redazione di un PUC non dovrebbe essere un esercizio solitario di tecnici e amministratori, ma un processo corale. Invece, assistiamo a una gestione spenta, dove il confronto è ridotto a zero. Cittadini, associazioni e categorie professionali - coloro che la città la vivono e la costruiscono ogni giorno - restano confinati fuori dalla porta, in attesa di decisioni calate dall’alto.

 

Quando il territorio viene pianificato senza ascoltare gli ordini professionali (architetti, ingegneri, geologi) si rinuncia a competenze essenziali; quando si ignorano le associazioni e i cittadini, si calpestano i bisogni reali della popolazione. Ancora più grave è l’emarginazione del Consiglio Comunale. Il massimo organo rappresentativo della volontà popolare viene spesso ridotto a un ruolo di "passacarte", chiamato a ratificare scelte già prese in uffici ristretti, senza il tempo o le informazioni necessarie per una discussione di merito. Un PUC senza dibattito consiliare è un atto privo di legittimazione politica profonda. Senza un confronto pubblico, la domanda sorge spontanea: per chi si sta progettando il territorio? Una città che non si apre al dialogo è una città che ha paura del futuro o, peggio, che vuole nascondere la direzione in cui sta andando. L’urbanistica non è una materia per pochi, ma il terreno su cui si misura la civiltà di un’amministrazione. È necessario attivare immediatamente percorsi di partecipazione reale, forum pubblici e tavoli tecnici aperti. Il futuro della città appartiene a tutti, non solo a chi detiene pro tempore le chiavi del palazzo. È ora che il PUC torni a essere un atto pubblico, trasparente e condiviso. Prima che il cemento e le scelte irrevocabili scrivano la parola "fine" sulla nostra possibilità di decidere.

Nessun commento: