di Antonino Siniscalchi - Il Mattino
Vico Equense - Nel panorama dell’enogastronomia italiana sta emergendo con forza una nuova generazione di donne capaci di interpretare il settore con sensibilità, competenza e una visione profondamente contemporanea. Non si tratta semplicemente di raccogliere un’eredità familiare o di affiancare grandi nomi della cucina, ma di riscrivere il modo stesso di vivere e raccontare l’ospitalità. Come ha recentemente sottolineato Il Mattino, siamo di fronte a un vero cambio di paradigma: oggi al centro non c’è solo il piatto, ma l’esperienza complessiva, la relazione con l’ospite, la capacità di far sentire chi arriva parte di una storia autentica. In questo scenario si inserisce con naturalezza il percorso di Rossella Guida, figura chiave, a Vivo Equense, dell’Antica Osteria Nonna Rosa, il ristorante stellato di famiglia guidato dallo chef Peppe Guida, e di Villa Rosa, il B&B che completa il progetto di accoglienza. Rossella Guida non è semplicemente “la figlia di”, ma una professionista consapevole che ha saputo ritagliarsi un ruolo centrale nella gestione aziendale, nella cura della sala, nella comunicazione e nella narrazione di un’identità che affonda le radici nella tradizione per parlare il linguaggio del presente. Accanto al padre Peppe e al fratello Francesco, Rossella rappresenta l’anello di congiunzione tra passato e futuro. Porta nel suo lavoro quotidiano l’eredità della nonna Rosa, figura fondante e simbolica dell’Osteria, reinterpretandola con uno sguardo moderno fatto di attenzione al dettaglio, professionalità, empatia e capacità di ascolto. La sua formazione accademica in Economia del Commercio Internazionale e l’esperienza maturata nel mondo della formazione professionale le hanno permesso di affrontare il progetto di famiglia con competenze manageriali e una visione strategica, contribuendo in modo decisivo anche alla crescita del brand sui social media, dove la famiglia Guida è diventata un caso di successo e di autenticità.
Il suo è un lavoro silenzioso ma fondamentale, che passa dalla sala, dall’accoglienza, dal racconto quotidiano fatto di gesti, sorrisi e attenzione, alle relazioni esterne. Un modo di intendere l’enogastronomia che parla di donne, di futuro e di un’ospitalità sempre più umana e consapevole. Racconta con naturalezza il suo percorso, il suo sguardo sul settore e le sfide di un mestiere che oggi, più che mai, richiede cuore e visione. Donne, enogastronomia e futuro. Come è nata la sua passione per l’enogastronomia? «È nata giorno dopo giorno, vivendola da dentro. Non è stata una scelta, è stato naturale. Sono cresciuta tra tavoli, persone, profumi di cucina e chiacchiere in sala. Ho sempre visto il cibo come un modo per stare insieme e prendersi cura degli altri. Ancora oggi, per me, fare ristorazione significa far sentire le persone bene, accolte con un sorriso che apre all'ospitalità». Cosa significa affiancare il proprio nome a una realtà stellata di grande prestigio? «È una bella responsabilità, inutile dirlo. La stella è importante, ma non è a quello che pensi quando lavori. Pensi a come far star bene gli ospiti che entrano nel locale. Dietro un riconoscimento c’è una famiglia, tanto lavoro e una storia vera». Quando e come è nata la sua passione per la cucina? «È nata guardando Nonna Rosa. Lei è ancora oggi l’anima della nostra cucina e del ristorante. Da lei ho imparato che cucinare è un atto d’amore, non solo tecnica. Anche se io sono in sala, la cucina la sento molto mia: il mio ruolo è completare il lavoro che nasce lì, curando la presentazione delle pietanze e il servizio al tavolo, affinché l’ospite viva un’esperienza completa». Chi ha avuto maggiore influenza nel suo percorso: papà Peppe o nonna Rosa? «Entrambi, è impossibile separarli. Nonna Rosa è la radice, il cuore di tutto. Papà ha portato avanti quella storia rendendola attuale senza snaturarla. Io sono cresciuta in mezzo a loro, cercando ogni giorno di rispettare ciò che è stato e di guardare avanti con equilibrio». In che modo il lavoro è cambiato dopo il Covid? «Ci ha resi più attenti alle persone. Oggi diamo ancora più valore al tempo, all’ascolto e alle relazioni. In sala da Nonna Rosa, come a Villa Rosa, l’obiettivo è far sentire chi arriva a proprio agio, senza fretta, come se fosse ospite a casa nostra. È un modo di lavorare più consapevole e più umano». C’è sintonia con suo padre nella promozione dei progetti? «Sì, assolutamente. Ci confrontiamo molto e ci fidiamo l’uno dell’altra. Ognuno ha il suo ruolo, ma la direzione è la stessa. Io porto avanti soprattutto l’accoglienza e il racconto, qualcosa che ho imparato da mia madre Lella, che era una padrona di casa straordinaria. Con grazia e leggerezza sapeva guidare la sala, ed è quello che cerco di fare ogni giorno». Quali sono gli obiettivi per il futuro? «Continuare così, senza perdere la nostra anima. Far crescere i progetti, compresa Villa Rosa, mantenendo sempre al centro le persone, il calore e l’autenticità. Vogliamo che chi viene da noi si senta accolto, ascoltato e felice di tornare. Alla fine, è questo che conta davvero». Con Rossella Guida, l’enogastronomia dimostra che il futuro passa anche – e soprattutto – dalla sala, dall’accoglienza e da uno sguardo femminile capace di unire tradizione e modernità.

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