domenica 6 aprile 2008
Papponi di Stato (2^ puntata)
Pubblichiamo la 2^ puntata dell’inchiesta “Papponi di Stato”, firmata da Roberto Poletti e Andrea Scaglia: Poletti, eletto deputato nel 2006 con i Verdi, racconta in prima persona la sua esperienza a Montecitorio, svelando per la prima volta dall’interno privilegi e assurdità del Palazzo. (…) Tra le “dotazioni da ufficio” a disposizione dei deputati c’è poi il collaboratore personale, meglio noto come “portaborse”, termine che non mi piace perché offensivo nei confronti di persone spesso sfruttate, pagate in nero, e magari poi sono loro che redigono i comunicati “contro il precariato” poi diffusi da coloro che si presentano come paladini dei lavoratori senza contratto. Non che io voglia fare il moralista: infatti ne assoldo uno (assumo, in questo caso, è una parola grossa), bravissimo, uno dei tanti studenti che si propongono per arrotondare. Ma mi accorgo che davvero posso farne a meno, e dopo cinque mesi interrompo il rapporto. (…) Dimenticavo: un altro gadget essenziale per il duro lavoro d’ufficio dell’onorevole è il timbro autoinchiostrante. Io non lo sapevo, poi un giorno vedo due deputati che scherzano, lasciano il marchio dappertutto, «guarda il mio», «ma va, io ci ho messo pure capogruppo», sembrano ragazzini. Incuriosito, m’informo. Mi viene spiegato che va richiesto «giù al magazzino» e te lo fanno avere. Ora, non è che la spesa per i timbri dei deputati sia determinante per incrinare ulteriormente il malmesso bilancio statale, ma a che cosa serve? Forse per evitarci anche la fatica di firmare? Dice: ma allora tu ci hai rinunciato. Io? E perché? Chi sono, il più sfigato? E allora, vai col timbro: “On. RobertoPoletti “. E lo piazzo lì, sulla scrivania. L’avrò usato due volte.
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