La lingua napoletana ha una cadenza particolare: nella pronuncia le parole sono prive di vocali finali mentre ritornano nello scritto. La sua inflessione, a chi non è avvezzo ai suoi termini e modulazione, la rende grossolana. Ma ogni buon napoletano sa parlare correttamente l’italiano. Ogni buon napoletano, d’altra parte, cade nella tentazione di usare espressioni della lingua nativa come se non potesse farne a meno, consapevole del fatto che non troverebbe in nessun’altra lingua termini così appropriati per ogni situazione. Tra queste l’espressione “Azz”. Quando vedo queste tre lettere sul display del cellulare, o pronunciate con una certa disinvoltura, resto basita. Come se in un battibaleno tutta l’eleganza, la formalità o la buona educazione andassero a finire. Azz è un’espressione di meraviglia, di sorpresa, roba da non credere. In italiano potrebbe significare cavolo, accidenti, non ci posso credere, mamma mia, tutte intercambiabili ma che non traducono mai il senso di Azz napoletano. E non pensiate che derivi dall’altra parola napoletana c*** fin troppo abusata, menzionata da uomini e donne indistintamente, che fa tanto volgare e cafone, ma che nessuno evita di pronunciare, per quel senso di liberazione che dà quasi fosse uno scacciapensieri. Detto questo, l’espressione Azz, secondo quanto spiegato da più parti, deriva dal tedesco “Ach, so!” ed è un’espressione che risale alla seconda guerra mondiale. Secondo altri viene assimilata dai dialetti meridionali a seguito della presenza degli austriaci durante il triennio in cui il Regno di Napoli fu viceregno austriaco, all’inizio del 1700.
Sicuramente deriva da contatti con la lingua tedesca. All’inizio “Ach, so!” divenne azz con un o finale, e tra le tre lettere e la o c’era una pausa, tradotta poi in napoletano Azzò. Oggi vige la forma più breve Azz calcando la voce sulle due zeta quasi a quadruplicarle e con accento eccessivo sulla a. Ma la cosa più sorprendente è che è stata trasformata in un’espressione tutta nostrana come se non derivasse da altra lingua. E’ un complesso di cose, un modo di esprimere stupore, un dire caspita e tanto altro, una forma di meraviglia ma anche di sarcasmo, di essere presi in contropiede. La meraviglia tedesca è misurata, semplice, il nostro Azz è esagerato, amplificato, un compendio. Resta il fatto che inserendola come intercalare in un discorso sa di poco elegante, di inopportuno. Ma nessun napoletano se ne priva, è una sorta di liberazione cui tutti ricorrono. In chi la pronuncia prevale non tanto lo sbigottimento quanto il dispiacere di privarsi di ciò che apprende dall’altro. Per dire: “Hai capito un po’? E perchè io no?”. Si legge sgomento e stupore ma anche un tantino di invidia, di rammarico, di dispiacere. Sarà anche una parola di derivazione tedesca ma la bravura nel pronunciarla e nel conferirle un valore forse del tutto diverso da quello iniziale è napoletana. Così siamo giunti ad accettarla come una sorta di esclamazione alla stessa stregua di tutte le altre, perdendo anche quel tanto di volgare.
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