Fonte: Fabrizio Gatti
Alle 16 di oggi, lunedì 21 ottobre, al molo turistico di San Leone ad Agrigento, l’Italia e le sue istituzioni commemorano 646 persone morte, tra cui almeno ottanta bambini. Sono le vittime della traversata dall’Africa all’Europa, annegate tra il 30 settembre e l’11 ottobre a Sampieri in Sicilia, a poche centinaia di metri da Lampedusa e a 60 miglia a Sud di Lampedusa. Sarà una commemorazione, non un funerale di Stato, visto che le salme sono già state sepolte e molti dei familiari venuti da tutta Europa a cercare i loro cari sono ripartiti. Ma è importante che il prefetto di Agrigento, Francesca Ferrandino, alla fine abbia deciso un luogo e una data. E’ importante che sia lo Stato a ricordare le vittime di una legge italiana ed europea che non consente vie di salvezza legali nemmeno ai bambini in fuga dalla guerra in Siria e dalla dittatura in Eritrea. Anche per questo è importante la partecipazione di tutti noi che non vogliamo accettare queste stragi come effetti collaterali della realtà che ci circonda. Agrigento non è facile da raggiungere dal resto d’Italia. Ma si può essere tutti presenti con un semplice gesto: un minuto di silenzio, in piedi, fermi, ovunque ci si trovi, per strada, a scuola, sull’autobus, in ufficio, alle 16 in punto, ora di inizio della commemorazione.
Lo abbiamo già fatto. Giovedì 14 luglio 2005 tutta Europa si era fermata un minuto per ricordare le vittime degli attentati terroristici di quell’anno a Londra. Ricordare è fondamentale. Anche come gesto di solidarietà ai familiari eritrei e siriani che ad Agrigento attendono davanti agli uffici di polizia nella speranza di trovare il nome che cercano tra i vivi, o almeno di riconoscerlo nelle foto dei morti recuperati dal mare.
E’ vero, questa cerimonia appare un rimedio posticcio. E’ stata organizzata addirittura nell’ora e nel giorno in cui il presidente della Repubblica ha convocato al Quirinale il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, che tanto si era battuta per i funerali e che ora non potrà partecipare. Ma anche questa scortesia non è sufficiente a giustificarne il boicottaggio. Quello che accadrà sul molo di San Leone ad Agrigento, infatti, non ha precedenti: è la prima volta in cui lo Stato e i suoi rappresentanti sono costretti a commemorare gli autori di un reato, quel reato assurdo, inventato a tavolino, di immigrazione clandestina. E’ la prima volta in cui il dolore della realtà straccia finalmente le carte della legge, in cui la pratica rende così disumana e ridicola la teoria, in cui la morte di almeno ottanta bambini, delle loro mamme e dei papà smaschera il cinismo dell’Europa. E dell’Italia. E’ un punto di partenza fondamentale se vogliamo davvero cambiare le regole. Ecco perché bisogna esserci, ad Agrigento e ovunque. Non per aderire al corteo delle autorità, ma per esercitare quei fondamentali doveri della democrazia che sono la partecipazione, l’ascolto delle parole e il controllo dei fatti.
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