Fonte: Giuseppe Guida da la Repubblica Napoli
In penisola sorrentina si sta reinventando la disciplina urbanistica. Un vero e proprio caso-studio. Con una serie di interpretazioni creative di leggi, vincoli, piani regolatori e piani paesistici, nel territorio campano dove più alta è la rendita fondiaria e il profitto immobiliare non conosce crisi, è oramai possibile costruire di tutto e a pieno regime. E questo oramai lo sanno anche i capitali provenienti da altre meno amene aree della Campania. La vicenda della norma sui mega parcheggi interrati, costruiti e in costruzione, è fin troppo nota. Ma in penisola (il territorio urbanisticamente più vincolato d’Italia, almeno stando alle normative vigenti) è possibile paradossalmente costruire di tutto: ampliamenti, sopraelevazioni, cambi di destinazioni d’uso, lottizzazioni residenziali, strade condoni concessi a chiunque e per ogni tipo di immobile, senza distinzione e senza che gli organi superiori (Sovrintendenza, Procura) intervengano in maniera non epidermica. Persino il Provolone del Monaco è stato ipocritamente utilizzato per lucrare a spese del paesaggio. Nella legge sul cosiddetto “piano casa”, la Regione Campania ha ritenuto opportuno inserire un apposito articolo che consente di ampliare senza limiti e “indipendentemente” dalle previsioni del piano paesaggistico tutte le strutture facenti parte dell’aera di produzione del formaggio e genericamente dedicate alla produzione dello stesso. Questo laissez faire alla sorrentina è talmente sguaiato che negli ultimi anni sono statisticamente in calo gli episodi di abusivismo edilizio accertati, venendo meno presupposti e la necessità. Ovviamente non si tratta soltanto di interventi privati: due anni fa il vallone di Seiano è stato mutilato da un viadotto realizzato per essere attraversato dai camion del vicino cantiere del mega-depuratore di Punta Gradelle.
Peccato che il viadotto si sia rivelato addirittura non percorribile perché “fuori norma” e ora giace abbandonato con tutta la sua mole.
In questa comoda corsa al costruire in un’area che, al contrario, vive del proprio paesaggio e di un residuo equilibrio tra intervento antropico e natura, si sta tentando di approntare la madre di tutte le varianti urbanistiche, un’operazione temeraria, che non sarebbe possibile realizzare nemmeno in un anfratto dimenticato della periferia napoletana: la traslazione dell’ecomostro di Alimuri dal costone di Meta di Sorrento al più comodo e remunerativo sito della spiaggia di Seiano. Per condurre in porto l’operazione, il Comune di Vico Equense, sul cui territorio avviene l’intera operazione, ha addirittura istituito un apposito assessorato, con un unico scopo ben definito: un assessorato monotematico all’ecomostro. L’accordo, la cui bozza dovrebbe essere già pronta (e che discende dal famigerato Protocollo d’Intesa proposto dall’allora governo Rutelli), prevede: approvazione di una variante urbanistica (con l’oramai ovvio beneplacito della Sovrintendenza e con il Tar pronto a dare man forte), demolizione del manufatto attuale, “riqualificazione” dell’area e concessione al medesimo proprietario attuale per realizzare uno stabilimento balneare a cinque stelle (in zona 1A del Piano Urbanistico Territoriale, di inedificabilità assoluta, quindi); delocalizzazione della volumetria demolita (una finta volumetria, visto che trattasi di un mero scheletro in cemento armato) per costruire un nuovo albergo vista Vesuvio sulla Marina di Seiano, proprio nei pressi dell’inutile viadotto a dieci campate, cancellando definitivamente l’intero vallone, compresi gli scorci panoramici pubblici, le visuali, ettari di uliveti e la sentieristica che attraversa il Rivo D'Arco. Un’operazione impensabile altrove e forse pure comica (non è un caso che Cetto Laqualunque utilizza come sfondo dei suoi monologhi il costone di Alimuri) ma che lentamente si sta materializzando come possibile, perché chi è disposto a controllare, a garantire l’interesse pubblico, a decidere su come si fa cosa e su che fa cosa, ha deciso di guardare, molto più comodamente, da un’altra parte, Dalla parte du pilu.
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