Contestata la disponibilità del Comune: «Prima gli stabiesi». A Gragnano i minori non accompagnati
Fonte: Raffaele Cava e Ciriaco M. Viggiano da Il Mattino
Castellammare di Stabia/Penisola sorrentina - Il responso arriverà dopo il 22 febbraio, data di scadenza del bando promosso dalla Prefettura. Nel frattempo, però, il piano d'accoglienza dei 6.750 migranti che il governo intende distribuire nei Comuni della provincia di Napoli sembra ancora in alto mare. A suggerirlo sono le proteste che si stanno levando dalle sedi di partiti e comitati, come avvenuto nelle ultime ore a Castellammare, e - quando il conto alla rovescia, a un mese dalla data stabilita, può dirsi ormai cominciato – la mancanza di strutture pronte ad accogliere i richiedenti asilo. Soprattutto in Costiera e sui monti Lattari. A dispetto della presenza di decine e decine di alberghi i cui titolari, tuttavia, non sembrano affatto intenzionati a offrire collaborazione. Il rischio ovviamente è quello di compromettere un'economia che basa tutte le sue chances sul turismo. Un rebus che potrebbe essere risolto in parte dalla diocesi di Sorrento, da tempo al lavoro per dare rifugio ai disperati. L'agitazione è divampata ieri mattina a Castellammare, dove sono attesi circa 180 migranti. Una struttura privata dell'area nord della città ha già dato l'ok per ospitarne almeno una quota. È bastato che si diffondesse questa voce perché in via Schito, pieno centro storico, i militanti di Fratelli d'Italia e della Gioventù Nazionale ma anche i membri del comitato civico Quartieri Uniti decidessero di affiggere striscioni per ribadire il loro no all'accoglienza.
«Prima gli stabiesi», è lo slogan: in una terra ferita da una terribile crisi occupazionale il rischio di una guerra tra poveri è incombente. «La nostra protesta al fianco del comitato Quartieri Uniti - spiegano i manifestanti - è volta a ribadire la contrarietà all'accoglienza di un così alto numero di immigrati in città. A maggior ragione se si pensa che la maggior parte sarà collocata in un quartiere pieno di disagi». Eppure, nei giorni scorsi, il sindaco Antonio Pannullo aveva confermato al prefetto Gerarda Pantalone la disponibilità del Comune che, infatti, ha già aderito al programma Sprar (Servizio sistema di protezione dei richiedenti asilo). «È un orgoglio ospitare persone che fuggono dal terrore, saremo felici di accoglierle facendo attenzione a non formare ghetti», aveva detto il primo cittadino. Parole alle quali, due giorni fa a margine della processione di San Catello, era seguito l'appello dell'arcivescovo Francesco Alfano: «San Catello è il santo degli ultimi, dei richiedenti asilo. Ora ci indica la strada e ci esorta ad aprire il cuore a chi ne ha bisogno». Gragnano, invece, è tra i comuni alle prese con la mancanza di strutture pubbliche da destinare all'accoglienza dei rifugiati. Il problema ha spinto il Comune a vagliare più soluzioni, prima fra tutte quella dei bandi Sprar. I fondi europei messi a disposizione attraverso questa procedura, infatti, potrebbero convincere i titolari delle strutture private ad aprire le porte almeno ai minori non accompagnati, con il Comune che dovrebbe accollarsi solo il 5 per cento dei relativi oneri. «Al momento si tratta di un'ipotesi- spiega Sarà Elefante, assessore alle Politiche Sociali - A breve approfondiremo la questione e incontreremo il prefetto per concordare la soluzione più idonea». Stesso discorso per Casola e Lettere, storicamente afflitte dall'emergenza abitativa, e per i Comuni della penisola sorrentina, dove i titolari delle strutture ricettive non hanno interesse ad aprire le porte ai rifugiati. Il motivo? Gli albergatori non sembrano disposti a ridurre il numero di posti letto destinati, ai turisti per incassare le poche decine di euro che lo Stato garantirebbe loro per l'alloggio e il vitto giornaliero dei migranti. Qui entra in gioco la diocesi che, stando a quanto trapelato negli ultimi giorni, sarebbe pronta ad accogliere un gruppo di rifugiati in una struttura ancora da individuare, magari attraverso i canali offerti dalla Caritas e dalla Comunità di Sant'Egidio. Ed è proprio quello che è successo a Meta, dove una 39enne siriana è ospite insieme ai figli di 10 e 15 anni. Accolti per volontà del Consiglio pastorale e del Consiglio affari economici della parrocchia di Santa Maria del Lauro, i tre profughi hanno trovato posto nell'ex canonica e vivono grazie alla carità dei metesi: «Stanno tentando di integrarsi nella nostra comunità nonostante i problemi legati alla lingua - fanno sapere dalla parrocchia - Nelle scorse settimane hanno persino pranzato a casa di una famiglia metese. Siamo felici di accogliere il prossimo come il Vangelo ci impone di fare».
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