Guai ad abbassare la guardia, guai ad arrendersi, specie sul più bello.
Giovanni Impastato, fratello di Peppino, il ragazzo ucciso perché sfidava con la sua radio la mafia, lo dice a chiare lettere. Si rivolge al Mattino e fa appello all’entusiasmo dei giovani di San Giovanni a Teduccio, quelli di «Radioondapazza», gli studenti uniti dalla voglia di fare «cento passi» (dal titolo del film sulla vita di Peppino Impastato) contro ogni forma di illegalità. Cosa direbbe ai ragazzi che stanno lavorando per metter su il network antimafia? «Di non arrendersi, di non farsi prendere dallo scoramento. Di fronte a un guasto tecnico, a un problema organizzativo o, cosa che sarebbe ancora più grave, di fronte a un tentativo più o meno esplicito di intimidazione». «La camorra rispetto alla mafia è molto meno ideologizzata. Si muove — spiega il magistrato
Raffaele Cantone, autore delle più significative inchieste sui clan del Casertano — sia in una direzione politica che nell'altra, a seconda degli interessi concreti da perseguire, che si identificano soprattutto con la necessità di infiltrarsi negli appalti pubblici». Una ‘‘libertà'', spiega Cantone, che la camorra può permettersi anche perché, a differenza della criminalità siciliana, «è meno strutturata, non è organizzata in senso verticistico, e dunque non c'è un ordine ‘‘di scuderia'' che imponga di intrattenere relazioni solo con una parte politica, sentita come culturalmente più affine ».
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