Sorrento - Si rinnova il classico appuntamento di inizio anno con il binomio legato alle tradizioni culinarie della Campania ed al ricordo sempre vivo di Enrico Caruso, l’inarrivabile tenore napoletano che nell’universo della musica lirica ha lasciato di sé una impronta indimenticabile. A rievocare la memoria di Enrico Caruso è ancora una volta il “Ristorante Museo Caruso” di Paolo Esposito nel cui interno troneggiano immagini e caricature d’epoca del tenore quasi a soffocarne le pareti. Oggetti e ricordi appartenuti ad Enrico Caruso fanno del “Ristorante Museo Caruso” un locale davvero singolare dove ogni anno la fervida presenza di Guido D’Onofrio, considerato il più grande studioso e biografo del tenore, allestisce con la sensibile disponibilità di Paolo Esposito una serata gastronomica in ricordo di Enrico Caruso con una serie di piatti appositamente predisposti dallo chef che rievocano la passione del tenore per la cucina napoletana. Ad Enrico Caruso, infatti, oltre che cantare piaceva anche mangiare, circondato da una folta schiera di parenti che seguivano il più grande tenore del secolo scorso sia nelle prestigiose tournèe in Italia e nel mondo che a tavola per rendere onore ai tipici piatti della gastronomia italiana appositamente preparati dai contadini che lavoravano nei quaranta ettari della sua tenuta in Toscana. Il modo di stare a tavola di Enrico Caruso si ripeteva spesso anche all’estero dove al tenore piaceva stare in compagnia della gente semplice dimostrando nei confronti del popolo una sensibilità degna del carattere estroverso dei napoletani. Tra gli aneddoti legati al tenore figurano di fatto una esibizione per solidarietà allestita per raccogliere un sostegno economico per un locandiere fiorentino caduto in disgrazia e l’offerta di salumi, formaggi, vini e beni di prima necessità che venivano regalati alle folle che si radunavano davanti alla villa di Enrico Caruso per chiedere generi alimentari. La cucina napoletana ebbe anche un carattere significativo nei dispiaceri del tenore quando promise di tornare a Napoli per cantare unicamente per gli amici e per mangiare gli adorati vermicelli in seguito alla delusione patita nel 1901 per avere ricevuto solo derisioni dopo l’esibizione nella sua Napoli, al rientro da una serie di trionfi internazionali, dell’opera prescelta “L’Elisir d’Amore”. Una promessa mantenuta fino al giorno della sua morte avvenuta a Napoli il 2 agosto 1921. (di Vincenzo Maresca il Giornale di Napoli)
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